Guerra in Ucraina

Meloni e la strategia del silenzio: Salvini non c'è, lei lo "omette"

Meloni ribadisce con forza la linea filoatlantica, conferma il sostegno italiano a Kiev, condanna le "elezioni farsa" in Russia e ricorda il "sacrificio in nome della libertà" di Alexei Navalny

Meloni e la strategia del silenzio: Salvini non c'è, lei lo "omette"

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Meloni, fedeltà a Kiev: "Niente escalation"

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Quando dallo schermo al plasma della buvette del Senato spunta l'immagine di Giorgia Meloni che sistema il microfono pronta a intervenire in replica nella discussione sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, Claudio Lotito ha appena finito di illustrare quello che sarà l'approccio della premier. Il senatore azzurro, ci mancherebbe, tutto vuol fare fuorché dar consigli a Meloni, che cita una sola volta e per dire che «lei è una che parla con i fatti». Però, a ben vedere, il ragionamento che fa rispondendo a chi gli chiede conto della sua flebile solidarietà a Ciro Immobile (aggredito verbalmente e fisicamente mentre accompagnava il figlio a scuola), torna perfettamente con l'approccio che la premier avrà nell'Aula del Senato nei confronti di Matteo Salvini. Immobile ha ben fatto a denunciare l'accaduto all'autorità giudiziaria, ma ha poi sbagliato a dare risalto mediatico al caso, spiega il presidente della Lazio. Perché, dice, così si ottengono solo due effetti: «Lo si amplifica e si aizzano gli emulatori». Di lì a qualche minuto, Meloni farà suo il lodo-Lotito. E, intervenendo al Senato, non nominerà neanche una volta Salvini, nonostante il leader della Lega sia il convitato di pietra di una giornata dove a Palazzo Madama non sono solo le opposizioni a interrogarsi sul sostegno del vicepremier a Vladimir Putin dopo lo scontato risultato delle presidenziali in Russia.

E Salvini non è assente solo nelle parole. Lo è anche nei fatti. In Senato non si presenta, come - va detto - già era accaduto nelle comunicazioni al Parlamento per il Consiglio Ue di metà dicembre. Però oggi è lui che aspettano tutti. Al punto che, già qualche ora prima dell'inizio dei lavori del Senato presieduti da Ignazio La Russa, c'è chi nota come gli uffici del vicepremier non abbiano dato risposta né alla convocazione informale che arriva ai ministri via sms, né a quella inviata via mail alle segreterie particolari dei singoli ministeri. Solo una mezz'ora prima, il Mit farà sapere che Salvini non ci sarà, perché «impegnato in una serie di incontri al ministero».

Si materializza così, probabilmente solo per caso, il lodo-Lotito. Meloni ribadisce con forza la linea filoatlantica, conferma il sostegno italiano a Kiev, condanna le «elezioni farsa» in Russia e ricorda il «sacrificio in nome della libertà» di Alexei Navalny. Ma non un accenno, neanche generico, a Salvini. Per evitare, seguendo il ragionamento del presidente della Lazio, di «amplificare» e «aizzare emulatori». Nel primo caso, la notizia di giornata sarebbe stata «Meloni contro Salvini». Che - seppur verissimo perché non è un mistero che il rapporto tra i due sia ormai compromesso - non è certo un bel messaggio a meno di tre mesi dalle Europee. Nel secondo caso, se fosse stata la premier ad aprire pubblicamente le danze contro Salvini, sarebbe diventato difficile silenziare l'insofferenza ormai conclamata di colonnelli e seconde file di Fdi.

Il mandato di Palazzo Chigi, però, è di smussare e minimizzare. Il ministro Francesco Lollobrigida, per dire, nella Sala Garibaldi del Senato si sofferma a lungo per commentare con soddisfazione l'ampio spazio al dossier agricoltura che Meloni ha riservato nel suo intervento. Poi, appena gli si chiede del leader della Lega, si smarca con un «Salvini chi?» e se ne perdono le tracce. Insomma, per tutti - premier compresa - la consegna è quella del silenzio.

Non è un caso che a sera, durante le dichiarazioni finali di voto, il capogruppo del Pd in Senato Francesco Boccia torni sul punto: «Chiedo formalmente alla presidente Meloni di dirci cosa pensa delle parole di Matteo Salvini».

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