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La riforma delle tasse passa per la riduzione del magazzino fiscale

I passi verso la riforma fiscale si stanno susseguendo gradualmente, anche se ancora non siamo di fronte ad un provvedimento organico

La riforma delle tasse passa per la riduzione del magazzino fiscale

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I passi verso la riforma fiscale si stanno susseguendo gradualmente, anche se ancora non siamo di fronte ad un provvedimento organico. Ciononostante, si moltiplicano numerose azioni di intervento contro l'evasione fiscale.

È noto che il sistema fiscale italiano è largamente inefficiente e vessatorio. Cionondimeno, l'occasione storica che il Governo si trova per le mani è quella di varare una riforma che sia davvero in grado di eliminare alla radice il problema dell'evasione fiscale.

Come ben sappiamo, il magazzino fiscale ammonta a più di mille miliardi di euro e comprende le tasse dichiarate ma non riscosse. In senso tecnico è evasore chi non dichiara i propri redditi. Abbiamo già spiegato su queste pagine il motivo per cui si genera questo enorme credito dello Stato: il meccanismo di pagamento delle imposte per gli autonomi è largamente inefficiente, dal momento che il dovuto è in scadenza, a volte, ad una distanza di oltre un anno dall'incasso di una fattura. Se per ragioni di liquidità l'azienda o il professionista non ha le risorse per pagare le tasse, ecco che si genera il debito.

In teoria, ognuno dovrebbe accumulare la metà circa dell'incassato e tenerlo a dormire su conti correnti segregati per evitare di intaccarlo per esigenze di cassa. Questo meccanismo è gravemente distorsivo sia per gli investimenti dell'azienda o il professionista nella propria attività, sia per il sistema: tale denaro non può affluire verso il mercato obbligazionario o azionario, con obiettivi di medio-lungo termine.

Inoltre, per evitare di pagare troppe tasse, si ha incentivo a sotto-rappresentare il proprio reddito. È di questi giorni l'annuncio di invio di una mole inimmaginabile di comunicazioni da parte dell'Agenzia delle Entrate volte al recupero del gettito, con un obiettivo pari a 11 miliardi di euro. Purtroppo siamo sempre allo stesso punto e non si vede un vero cambio di passo: ogni anno, qualunque sia il governo, si preferisce un approccio «poliziesco» volto a recuperare il gettito ex-post, senza fare nulla per garantirselo ex-ante. Come? Con i sistemi informatici attuali e l'obbligo di fatturazione elettronica, unito alla semplificazione già attuata per i regimi forfettari (con fatturato inferiore ai 100mila euro annui), sarebbe sufficiente realizzare il pagamento delle tasse unitamente ai versamenti IVA e contributivi: ogni tre mesi si paga l'imposta. E poi si conguaglia a fine anno per compensare eventuali disallineamenti.

Così si eviterebbe il problema di crisi di liquidità, azzerando la crescita di un magazzino fiscale già ormai fuori controllo. Bisogna allinearsi agli altri paesi dove il fisco è più moderno: le tasse si pagano subito quando si riceve il reddito, senza aspettare l'anno successivo. Infatti il momento del pagamento annuale in molti paesi è di fatto un conguaglio di qualche sfrido tra incassi e rimborsi. L'approccio poliziesco non paga. O meglio: paga, se a fronte c'è una semplificazione.

Quando fu introdotto il regime forfettario per la prima volta si ebbe un incremento di gettito doppio oltre quello atteso: segno che la semplificazione è la vera rivoluzione, indipendentemente dalle aliquote.

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