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Tfr all'Inps, rischio boomerang per le imprese

Da gennaio le Pmi con almeno 50 dipendenti saranno obbligate a conferire all'Istituto tutta la somma

Tfr all'Inps, rischio boomerang per le imprese
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Alla vigilia del dibattito sulla Legge di Bilancio mi ero preso la briga di lanciare una proposta, forse un po' troppo liberale e liberista: liberiamo il Tfr e restituiamolo ai lavoratori, rimettendolo in busta paga. Era facile prevedere che quei 105 miliardi assorbiti dall'Inps negli ultimi 17 anni costituissero un capitale troppo goloso per passare inosservato. Infatti, l'appetito vien mangiando e la Legge di Bilancio 2026 si prefigge di aggiungere a quel bottino altre risorse che finiranno per restare improduttive, ma destinate alla spesa corrente dello Stato.

Dal prossimo anno l'obbligo di conferire il Tfr all'Inps riguarderà tutte le imprese che abbiano almeno 50 dipendenti, comprese quelle che hanno raggiunto questa dimensione nel corso del tempo, e che finora erano esentate se all'atto della loro costituzione fossero state sotto la soglia. Attualmente fino al 31 dicembre 2025 - rileva il numero dei dipendenti nell'anno di avvio dell'attività e quindi, se il numero dei dipendenti cresceva successivamente, anche superando i 50 assunti non scattava l'obbligo di destinare il Tfr all'Inps. Dal 2026 si cambia, in peggio.

Un pugno nello stomaco per quelle Pmi che si finanziano proprio grazie al Tfr dei loro dipendenti, visto che il sistema bancario ormai è più che rarefatto e sta recidendo ogni rapporto con il territorio. Eppure, in questi giorni di intenso dibattito sull'argomento, non ho letto una sola riga su questo aspetto. Né dagli analisti né, tantomeno, mi dispiace, dal Ministero delle Attività produttive, che invece dovrebbe preoccuparsi proprio di questo. E avverto un silenzio inquietante anche da Confindustria che, sebbene gli iscritti siano in maggior parte piccole aziende, fa solamente gli interessi delle grandi. A chi dovrebbero rivolgersi le Pmi che dal primo gennaio si troveranno prive delle necessità di cassa che erano aiutate dall'accantonamento del Tfr?

Noi siamo un Paese in cui le piccole e medie aziende sono più di quattro milioni. Cioè più del 90% del totale delle imprese italiane. Tutte usano il Tfr accantonato come autofinanziamento. Se lo si toglie, bisogna contemporaneamente compensare chi perderà questo gruzzolo, magari con accordi agevolati con il sistema bancario. Manca sempre un pezzo al puzzle, in questo Paese.

Era difficile immaginare che il sistema imprenditoriale potesse inneggiare a un Tfr in busta paga, sarebbe stato come chiedere a un tacchino di festeggiare il Natale. Secondo i dati Covip nel 2024 il Tfr rimasto in azienda vale 17,5 miliardi di euro (su un flusso annuale complessivo di 32,69 miliardi). Negli ultimi 17 anni (Covip contabilizza dal 2007 al 2024) si tratta di uno stock di 234 miliardi finito nella disponibilità del finanziamento delle imprese (gli altri 105 miliardi, come detto, sono andati nel conto di Tesoreria Inps). Tutte risorse preziosissime, visto che il canale bancario è pressoché riservato alle grandissime aziende, ultra-garantite, per valori complessivamente inferiori a quelli rappresentati dal Tfr.

A fine 2024 Banca d'Italia contava uno stock di prestiti bancari alle aziende per 599 miliardi. Difficile fare confronti puntuali nei flussi di prestiti concessi e conclusi, ma la percentuale delle risorse destinate al finanziamento del sistema imprenditoriale, derivanti dal Tfr non è una quota marginale rispetto all'erogato dalle banche. Tutt'altro. E a tassi e con una durata (le banche prestano ormai sotto i 5 anni, un Tfr è nella pancia delle imprese per qualche decennio) imparagonabili. Insomma, il Tfr è la finanza essenziale per il nostro sistema delle Pmi (e anche per la parte corrente dei conti dell'Inps, quindi dello Stato: 6,5 miliardi nel solo 2024), cioè per il 95% delle aziende. E i lavoratori, con il loro Tfr sono la vera banca delle imprese italiane. Peccato che loro, i lavoratori, non possano lucrare rendimenti paragonabili a quelli degli istituti di credito (sedicenti).

Ma ecco che questa partita, oltre a essere stata persa dai lavoratori (che vedono sempre più congelato il loro Tfr, tra Inps e Fondi pensione), viene persa anche dalle imprese piccole e medie, che perdono risorse per finanziarsi. Gli unici ad aver vinto sono lo Stato e gli intermediari.

Il primo porta a casa più soldi per la Tesoreria; i secondi (che siano sindacati, assicuratori o consulenti finanziari) si assicurano risorse aggiuntive da gestire per i Fondi pensione contrattuali, pur avendo dimostrato di non saper offrire ai lavoratori rendimenti superiori a quelli del Tfr.

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