da Roma
A poco meno di 36 ore dall'esercizio provvisorio, arriva finalmente il via libera della Camera alla legge di bilancio. È infatti alle 12.55 di ieri - dopo un'interminabile maratona notturna che va avanti fino alle 4.30 di mattina - che Montecitorio licenzia la manovra con 216 voti favorevoli e 126 contrari. E con i deputati del Pd che per protesta espongono in Aula cartelli con su scritto «Disastro Meloni».
Una polemica che non colpisce più di tanto la premier che, raccontano i rumors del Transatlantico, avrebbe persino accarezzato l'idea di presentarsi alla Camera per votare. Un gesto ovviamente simbolico, non essendoci alcun problema di numeri. Alla fine Giorgia Meloni non si vede, ma non passano neanche dieci minuti dal via libera che sui social la premier rivendica una «manovra seria e responsabile», costruita «in un contesto complesso» e che «concentra le limitate risorse a disposizione su alcune priorità fondamentali». Che, dice la presidente del Consiglio, sono «famiglia, lavoro, imprese e sanità». Ecco perché, aggiunge, «proseguiamo nel percorso di riduzione dell'Irpef per il cento medio, nel sostegno alla natalità e al lavoro, nel rafforzamento della sanità pubblica e nel supporto a chi investe, produce e crea occupazione». Meloni sottolinea quindi come il governo abbia lavorato per «rendere strutturali misure già avviate» e «rafforzare quelle che incidono realmente sulla vita quotidiana degli italiani», mantenendo «fede agli impegni assunti». Insomma, per la presidente del Consiglio la manovra è «un altro passo avanti per dare certezze alla nazione e continuare a costruire un'Italia più solida, competitiva e capace di guardare al futuro con fiducia».
Una manovra che conta 973 commi e vale circa 22 miliardi di euro e che dopo un passaggio lampo in commissione ci ha messo meno di 48 ore per essere approvata in Aula esattamente come era arrivata dal Senato e perfettamente in linea con quel monocameralismo di fatto che ormai da anni caratterizza le leggi di bilancio. Un provvedimento che raccoglie inevitabilmente anche il plauso del ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti che rispedisce al mittente le critiche delle opposizioni e le accuse della segretaria dem Elly Schlein. È «assolutamente falso» che sia una manovra per ricchi. Secondo Giorgetti, infatti, lo sforzo «si concentra» sui dipendenti con redditi medio-bassi e ha «permesso di recuperare ampiamente il fiscal drag». Il titolare del Mef ci tiene anche a rimarcare una misura di cui si è parlato «pochissimo» e cioè la detassazione per i rinnovi contrattuali. Significa «aumenti concreti» dei salari e degli stipendi dei lavoratori dipendenti, «una cosa che ci chiedevano sia i sindacati che i datori di lavoro». Ed è proprio sui salari, invece, che insistono le opposizioni, dalla stessa Schlein al leader del M5s Giuseppe Conte. La prima parla di «manovra di promesse tradite», mentre il secondo punta il dito contro il governo che sembra «un circo che non fa ridere». Infine, facendo il punto della manovra con i giornalisti, Giorgetti parla anche delle pensioni, un tema su cui la Lega di Matteo Salvini insiste da sempre. Il ministro dell'Economia nega che il governo abbia «allungato l'età pensionabile» come dice il centrosinistra. «In realtà - spiega Giorgetti - l'intervento dell'esecutivo l'ha ridotta di due mesi nel 2027 perché in automatico sarebbe aumentata di tre mesi». E conclude guardando al prossimo anno, quando la manovra sarà certamente più espansiva e di spesa, anche in vista delle elezioni politiche che dovrebbero tenersi nella primavera del 2027. «Se nel corso del 2026 le cose continueranno ad andare bene sui conti pubblici come fino a oggi - aggiunge Giorgetti - cercheremo anche di ridurre quel mese in più che partirebbe dal 2027».
Soddisfatto anche il ministro dei Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, che ha seguito l'iter della manovra passo passo tra Senato e Camera.
È una legge di bilancio, dice, «seria e concreta, attenta alle famiglie e alle imprese» e che «riduce ulteriormente le tasse e aumenta al massimo mai raggiunto il fondo sanitario nazionale». Un percorso «virtuoso» che è «certificato dai numeri dello spread, dalle agenzie di rating, dai grandi investitori internazionali e dal record dell'occupazione».