Se serve ancora l'ennesimo argomento, una motivazione concreta dell'esigenza di un governo dell'area metropolitana, ecco servita la vicenda delle crescenti proteste dei cittadini provocate dal proliferare di campi di nomadi a Milano. La città - è il prefetto Ferrante a denunciarlo - si sta facendo carico di una pressione eccessiva e ormai intollerabile anche perché i centri dell'hinterland (ma non tutti) si rifiutano di condividere il disagio, scaricandole addosso anche la quota, diciamo così, che spetterebbe a loro. E non si tratta solo di grave degrado ambientale provocato dalla presenza di accampamenti abusivi e dal sovraccarico di quelli regolari.
Ormai è percepita come una vera emergenza la questione della sicurezza: furti, scippi, aggressioni. In molte zone si vive come in stato d'assedio: filo spinato alle recinzioni, catene e lucchettoni ai cancelli e ai portoni, turni di guardia sui balconi. Senza contare (e invece andrebbero considerati, eccome) i problemi igienici: accampamenti con centinaia di «ospiti», quasi sempre senza acqua corrente, fognature e servizi dell'Amsa. Il caso più recente è quello di via Triboniano, ma sono ormai una quindicina le baraccopoli fatiscenti e malsane che, distribuite alla periferia della città, ospitano circa 3.000 rom.
Lodevole l'impegno del prefetto Ferrante, corretta la sua impostazione: tolleranza zero con gli irregolari, lavorare per l'integrazione dei regolari. Da molti segnali, infatti, si percepisce una tendenza dei nomadi a diventare stanziali. Tendenza che va assecondata con la collaborazione di tutte le istituzioni e organizzazioni del volontariato. Ma soprattutto Ferrante ha energicamente invitato i comuni dell'hinterland ad assumersi le loro responsabilità, ad accollarsi la loro quota di disagio.
Bene. Tuttavia, come è noto, il prefetto rappresenta sul territorio il governo nazionale. Per quanto riguarda i problemi strettamente collegati all'ordine pubblico e alla sicurezza ha certamente l'autorità e i mezzi per intervenire. Per tutto il resto però le competenze sono dei comuni. Certo, il prefetto - che, fra l'altro, non è un'autorità eletta dai cittadini ai quali, quindi, risponde, ma un funzionario mandato da Roma - può invitare, sollecitare, esortare, convocare riunioni e conferenze. E lo fa con passione e competenza. Ma a decidere sono i sindaci. Neppure la Provincia, nonostante la sua ansia di protagonismo e il suo bisogno di visibilità, ha gli strumenti per intervenire. Non resta che contare, perciò sulla disponibilità e sulla buona volontà dei comuni.
Molto diversamente andrebbero le cose se esistesse un'autorità metropolitana (il sindaco metropolitano?) espressa democraticamente dalla popolazione interessata con poteri e funzioni che, grossolanamente, potremmo definire di coordinamento tra i comuni dell'area. Potrebbe farsi carico del problema contando, se non altro, sul potere della rappresentatività.
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