Grandi opere, Ferrante fa già retromarcia

Il candidato sindaco rivede la sua opinione e si allinea: «Mi riconosco assolutamente nelle critiche che muoveva l’opposizione a Palazzo Marino»

La parola magica è «rinegoziare». Che, tradotta dal politichese, per il candidato sindaco Bruno Ferrante significa marcia indietro. Piuttosto veloce, dopo il summit di ieri pomeriggio con i partiti del centrosinistra durante il quale si è discusso di grandi opere e grandi progetti. Tipo Garibaldi-Repubblica o la riqualificazione del polo interno della Fiera dopo l’apertura di Rho-Pero. A parole non è successo nulla. Giusto qualche intemperanza di Dario Fo e di qualche estremista ambientalista immediatamente ricondotto a più miti consigli. «In tema di progetti urbanistici - assicura l’ex prefetto - tutti ci riconosciamo in quello che è scritto nel programma». Un bravo pompiere a cui è difficile credere. «Ma noi - aggiunge - ci riconosciamo assolutamente nelle critiche che ai quei progetti muoveva l’opposizione a Palazzo Marino. E per questo chiediamo che i programmi urbanistici siano rinegoziati con gli imprenditori». Un po’ come dire che le inquietudini di ambientalisti e ali estreme pesano e soprattutto peseranno come macigni sui programmi del centrosinistra. Il quadro chiarissimo della situazione lo offre Basilio Rizzo. Il decano dei consiglieri comunali, oggi candidato nella lista del premio Nobel, come sempre parla schietto. «Sui grandi progetti - assicura - Ferrante conferma gli orientamenti dell’opposizione a Palazzo Marino e infatti ora chiede di rinegoziarli. Quelle trasformazioni della città non ci piacciono e quindi utilizzeremo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per operare le modifiche necessarie. Certo nel rispetto della legge e sempre d’intesa con comitati e associazioni». In poche parole un bello stop ai grattacieli costruiti dai più grandi architetti del mondo che eravamo abituati a considerare l’orgoglio della giunta Albertini.
«La pace nell’Unione sulle infrastrutture è già finita - il commento di Letizia Moratti -. Non sono affatto rientrati i dissensi con Ferrante di Verdi, Lista Fo, Pdc e Prc a proposito di opere che sono indispensabili per migliorare il traffico, ripulire l’aria e fare di Milano una città bella ed efficiente».
«Bisogna sostituire parte del cemento con gli alberi», interviene il Verde Carlo Monguzzi. E per chi non l’avesse capito, lo ripete. «I grandi progetti di Albertini sono stati da noi criticati, ora vanno cambiati. Ci vuole una commissione di lavoro per rinegoziare (la parola d’ordine, ndr) sia la Fiera che Garibaldi-Repubblica». Come dire che se cambia il sindaco devono cambiare anche i piani di sviluppo della città i cui tempi, lo suggerisce il buon senso, si misurano sui lustri. L’esegesi tocca a Gianni Occhi. «Rinegoziare - spiega il rifondatore comunista - significa che le cose non vanno bene. E io credo che se il sindaco di Milano dice che vuole rinegoziare i progetti, la proprietà dovrà prendere in considerazione la sua richiesta». Cerca di smussare il rappresentante dei Ds. «È chiaro che quei progetti non ci piacciono - assicura il segretario provinciale Franco Mirabelli - ma non bisogna fare demagogia, quello che è già stato approvato ha tutto il diritto di essere costruito.

Vedremo quello che si può fare».
Tutti per sé e nessuno per tutti. In attesa della grande manifestazione finale di giovedì prossimo. Quando a Milano sono attesi tutti i leder nazionali del centrosinistra. Per i grattacieli si vedrà.

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