
L'opera è una pala d'altare, rappresenta la gloria di un santo per l'altare di una chiesa.
La chiesa può essere stata abbandonata, il dipinto disperso, e riapparso. È opera di un grande pittore tedesco, bavarese, che si chiama Ignazio Stern (1680 - 1748), detto Stella, nella traduzione italiana del nome Stern. Grande pittore straniero, totalmente italianizzato, innamorato dell'Italia, attivo a Roma e in Emilia-Romagna, a Piacenza, a Forlì, in palazzi, con decorazioni a fresco, e in chiese, di cui il massimo studioso non è un italiano.
Pochi italiani lo conoscono, forse io per motivi di gusto personale e per l'occasione e la circostanza singolare di avere spesso incontrato dipinti sconosciuti e rari, inediti, di questo pittore. Il massimo specialista è un tedesco di quello che un tempo era la Germania dell'Est: Günther-Cova che io ho conosciuto e che ha fatto una dissertazione di laurea, pubblicata in poche copie, su Stern. Ha studiato il percorso di questo artista che arriva in Italia, vede Carlo Cignani (1628 -1719), grande pittore bolognese attivo a Forlì, dove ha fatto nella cupola l'affresco della Madonna del Fuoco; vede Giuseppe Maria Crespi, pittore di soggetti di genere e religiosi a Bologna, e sente questi emiliani come fossero suoi parenti, suoi consanguinei.
Forse, essendo tedesco del sud, tedesco meridionale, sente nella civiltà emiliana qualcosa che gli appartiene, di calore, di vita, e dipinge con una sensibilità che è totalmente sciolta nel gusto italiano, senza il sentimento del sublime che c'è in autori come Tiepolo, ma invece con una dimensione interiore di sensibilità, di intimità, di intimismo che noi avvertiamo perfettamente nel gusto delicatissimo dei putti.
Questo gusto ha la sua lontana origine, la sua fonte, nel pittore che più è stato necessario per il tardo-barocco, una fonte e un punto di partenza inevitabili, che è Correggio.
Sicuramente il Correggio della cupola di Parma è stato guardato con attenzione da molti pittori, prima di Stern, da Lanfranco, per esempio, dal Baciccio, da tanti pittori che poi hanno lavorato a Roma, ma anche da questo pittore tedesco innamorato dell'Italia, sensibilissimo nell'esecuzione in varie nuance di grigi, di azzurrini, di nuvole e di panneggi dalla straordinaria morbidezza e dal delicatissimo effetto di controluce. Deriva dal Correggio anche l'angelo che ha il braccio in piena luce, la testa in penombra mentre sta portando la palma del martirio.
Essendo un santo puro, innocente, ha il suo simbolo nel giglio che tiene l'angioletto dall'altra parte della tela, perché il giglio è simbolo di purezza; il crocefisso è il simbolo della meditazione e dell'estasi in Cristo di San Giovanni Nepomuceno, un santo di Praga la cui vicenda umana è particolarmente suggestiva perché confessore della moglie del re ceco Venceslao IV.
Mentre il re, curioso, desideroso di sapere dei segreti, voleva conoscere ciò che in confessione sua moglie aveva detto a Giovanni Nepomuceno, il canonico, il prete di corte che a Praga confessava la moglie del re, la moglie dell'imperatore.
Con fermezza, per fede e per rispetto di ciò che aveva ricevuto nella confessione, Giovanni non dice all'imperatore ciò che sua moglie gli ha confidato, e quindi viene mandato al martirio, viene ucciso. Ed è canonizzato nel 1729.
Quindi l'opera va datata con certezza dopo il 1729, quando San Giovanni Nepomuceno, martire di questa violenza del potere contro la fede, dopo quella data viene celebrato in vari dipinti, non soltanto in questa opera di Stern.
Subisce il martirio di essere buttato nel fiume Moldava.
In questo quadro in basso si vede la riva del fiume, con l'acqua che scorre, ed è pure visibile il corpo del santo con il crocifisso e le cinque stelle che rappresentano la sua estasi, la sua beatitudine; c'è un ponte, e poi gli angeli che lo sollevano e lo portano in estasi, lo portano verso il cielo.
Il pittore nasce nel 1680 circa, non abbiamo certezza della data, e muore nel 1748. È possibile che questo dipinto sia databile intorno al 1730- 1731, immediatamente dopo la canonizzazione del santo.
Se lo si guarda con attenzione si notano un'infinita dolcezza, una emotività che pur nell'esecuzione estremamente rigorosa, nell'accademia che discende dalla scuola fatta a Bologna presso Carlo Cignani, pervade gli sguardi, il sentimento, che attraverso gli occhi si esprime, degli angeli.
In particolare, poi, alcuni angeli, come quello che sostiene la spinta verso l'alto, sono in primo piano con l'abito rosso e la bellissima ala su cui passa una luce rosa e verdastra, e altri che si fondono invece con le nuvole, quasi fossero di cera.
Tutta l'opera sembra impastata nella cera, a partire dalle bellissime mani. Pur in un soggetto evidentemente devozionale e religioso, non abbiamo il senso della gravità, della pesantezza di un dipinto che abbia una destinazione puramente religiosa.
È un dipinto di grande grazia, un capolavoro del rococò, un'opera di un pittore non ancora sufficientemente rivalutato quanto la sua qualità merita.
Va detto inoltre che questa pala ha probabilmente una provenienza anche importante, perché le fonti antiche indicano, in Santa Maria del Camposanto a Roma, un San Giovanni Nepomuceno.
È possibile che questo dipinto sia in collegamento con quello che era nella chiesa di Santa Maria del Camposanto e quindi abbia una destinazione, una collocazione di particolare rilievo, che in ogni caso da sola autorizza a valutare, quest'opera, come segnale di grande impegno dell'artista Ignazio Stern, detto Stella.
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