Roma«Mi piacerebbe moltissimo abbandonare la tv e fare cinema». Simona Ventura l'aveva già detto qualche giorno fa al Giornale in occasione dell'uscita di La fidanzata di papà ma continua a ripeterlo. L'ultima volta, proprio l'altro ieri, a Radio 101, e quindi la cosa si fa seria. Non c'è niente da fare, il grande schermo esercita sempre una grandissima attrazione, figurarsi poi se, come nel caso del film di Enrico Oldoini con Massimo Boldi, si ha un grande riscontro di pubblico che t'incorona reginetta del Box Office. La Ventura ora crede in una nuova carriera cinematografica, rimane però da vedere quanto ci credano gli altri. Di volti televisivi prestati al cinema sono pieni i film, soprattutto i «cinepanettoni» che condiscono la loro offerta con una spruzzata di divismo popolar-televisivo acchiappaspettatori, da Elisabetta Canalis a Victoria Silvestedt, ai Fichi d'India, fino a Michelle Hunziker e a Fabio De Luigi protagonisti del nuovo Natale a Rio di Neri Parenti in uscita il 19 dicembre.
Ma per non rimanere delle «meteore» cinematografiche, spesso utilizzate solo come corredo ornamentale, è molto importante trovare un regista che sappia valorizzare le corde attoriali, sempre ammesso che esistano. In Italia c'è un autore come Pupi Avati che riesce sempre, e quasi magicamente, a reinventare un attore (Delle Piane, Abatantuono, Albanese) o a lanciare un volto televisivo (recentemente con Il papà di Giovanna è toccato a Ezio Greggio il cui futuro cinematografico è però tutto da vedere). È il caso di Vanessa Incontrada che il regista bolognese porta al cinema nel 2003 con Il cuore altrove in uno dei ruoli più difficili per un'attrice figurarsi per un'esordiente, la cieca. Una scommessa coronata dal successo perché l'interprete di origini spagnole viene segnalata come una delle migliori attrici emergenti e il cinema le apre le porte (tra gli altri Quale amore di Maurizio Sciarra).
Curiosamente Pupi Avati, sempre con Il cuore altrove, lancia anche Neri Marcorè che affiancherà così a una solida carriera di imitazioni tv, la fiction e il cinema (Lezioni di cioccolato di Claudio Cupellini e ancora una volta Pupi con il nuovo Gli amici del bar Margherita).
Se poi mettiamo da parte i casi dei televisivi che si sono autolanciati come attori e come registi con fortune molto alterne (Piero Chiambretti con Ogni lasciato è perso e Giorgio Panariello con Bagnomaria) rimane solo un altro regista che è riuscito nel difficile tentativo di aprire il cinema a un personaggio tv. È Alessandro D'Alatri che arruola Fabio Volo nel 2002 con Casomai e poi con La febbre. Un inizio fortunato che l'attore bresciano prosegue con Uno su due di Eugenio Cappuccio e Bianco e nero di Cristina Comencini.
I due però non si sono più visti al cinema: l'eccezione che conferma la regola?
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