Il valzer di centinaia e centinaia di milioni di euro che iniziano il 10 gennaio 2001 e finiscono il 6 ottobre 2008, entrando ed uscendo dal conto a Montecarlo di Rosanna Gariboldi, assessore Pdl a Pavia e moglie del deputato azzurro Giancarlo Abelli. È stato questo uno dei passaggi più delicati delle tre ore di interrogatorio cui Giuseppe Grossi - il re delle bonifiche ambientali arrestato all’alba di martedì - è stato sottoposto ieri nel carcere di San Vittore. Delle altre accuse a suo carico - avere truccato i conti, imboscato soldi qua e là per il mondo, frodato il fisco - Grossi è reo confesso, avendo patteggiato con il ministero delle Finanze la riemersione del malloppo. Se le accuse fossero solo quelle, l’inchiesta sarebbe già quasi finita. Ma quei soldi alla moglie di Abelli sono il gancio cui la Procura vuole attaccare il secondo vagone dell’inchiesta: la presunta corruzione nel mondo politico, gli appoggi a pagamento che - questa è l’ipotesi dei magistrati - hanno permesso a Grossi di farsi largo in un settore appetibile come quello dell’ambiente. Già oggi, d’altronde, tra gli obiettivi della associazione a delinquere di cui - secondo l’accusa - Grossi era il capo la Procura indica la «corruzione di pubblici ufficiali».
Come ha spiegato, Grossi, quei soldi alla Gariboldi? Le uniche indiscrezioni che scivolano dalla sala colloqui di San Vittore dicono che l’imprenditore arrestato non si è discostato granché dalla versione che la stessa Gariboldi aveva fornito in una breve intervista l’estate scorsa, quando per la prima volta un quotidiano aveva parlato dei bonifici «estero su estero» che le erano pervenuti. Aveva detto la assessora: «Grossi mi ha restituito soldi che gli avevo prestato. Grossi è un amico. Un giorno mi ha detto: sto facendo un affare, se vuoi ti investo dei soldi. Glieli ho dati dal conto che ho in Francia per le spese di una casa che ho lì, e lui me li ha restituiti diciotto mesi dopo, con un interesse del 10-12%».
Il problema è che ora non si parla più di un solo bonifico, ma di una lunga serie, nell’arco di sette anni. Soldi che approdano sul conto della Gairboldi (numero 17964 alla Banca J.Safra di Monaco, nome in codice «Associati») e che provengono tutti da conti occulti collegabili a Grossi e al firmamento delle sue società. Come si può intuire, la tesi del «prestito» potrebbe diventare a questo punto un po’ più difficile da sostenere.
Ad interrogare Grossi - malfermo in salute, psicologicamente provato da un arresto che ormai sperava di avere scansato - ieri è stato il giudice preliminare che ne ha disposto l’arresto, il dottor Fabrizio D’Arcangelo. I due pm che conducono l’inchiesta, Laura Pedio e Gaetano Ruta, hanno potuto soltanto assistere. Ma è probabile che nei prossimi giorni torneranno in piazza Filangieri a fare visita all’imputato numero uno (per ora) della loro inchiesta, e sarà un interrogatorio più lungo e più impegnativo.
Grossi sotto torchio: "I soldi? Solo un prestito"
Il «re delle bonifiche» interrogato per 3ore a San Vittore. I magistrati ipotizzano la corruzione di pubblici ufficiali Sui pagamenti occulti l’imprenditore conferma la versione della Gariboldi che ieri ha risposto alle domande del giudice
Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.