Groupama, francesi avanti nella campagna d’Italia

«Tutto bene» dice Gianpiero Pesenti al termine del direttivo del patto di sindacato della Rcs. Ma la sintesi è un po’ edulcorata: in realtà i grandi soci che controllano il 63,5% della società editrice del Corriere della Sera non sono stati del tutto tranquilli nella riunione di ieri: Diego Della Valle e Cesare Geronzi se le sono dette di nuovo di tutti i colori. «Poteva andare anche peggio», ha commentato uno dei presenti. Comunque il patron della Tod’s è tornato ad accusare il presidente delle Generali di gestire gli equilibri aziendali a modo suo, attraverso relazioni e manovre che tagliano fuori i cda. Ribadendo, come già avvenuto più volte in questi giorni, le sue accuse. Geronzi ha risposto colpo su colpo. La situazione è stata appianata grazie all’intervento pacificatore di Gianni Bazoli, il presidente di Intesa che siede nel patto in quota Mittel, e che ha contribuito ad arrivare a un documento finale nel quale i soci del Corriere, all’unanimità, hanno messo nero su bianco tre cose.
La prima è l’impegno di «concentrare esclusivamente negli organi sociali e occorrendo, per quanto di competenza, nella direzione del patto tutte le decisioni, valutazioni, discussioni attorno a Rcs». Una formula che ha molto soddisfatto Della Valle perché sancisce proprio il principio che aveva sollevato. In effetti nel merito e con il linguaggio dei poteri forti, tale impegno non è cosa da poco, perché se è vero che una tale affermazione appare scontata, non lo è per il fatto stesso di averla messa agli atti. Il secondo punto concordato ieri all’unanimità è il congelamento del patto di sindacato: fino alla sua scadenza del 14 marzo del 2014 (da disdettare sei mesi prima), non cambierà nulla. Né le regole interne, né la sua composizione, per cui Giuseppe Rotelli, azionista che con l’11% siede in cda, non entrerà. Né ci saranno molti spazi per eventuali manovre di disturbo dall’esterno. Infine la direzione del Corriere: a Ferruccio De Bortoli è stato garantito il pieno sostegno fino al termine del patto, in modo che possa gestire in piena serenità la vertenza in corso con i giornalisti. Mentre il presidente di Rcs, Piergaetano Marchetti, sarà figura di garanzia e di «tramite istituzionale» tra società e direzione.
Dunque, tutto bene? Per il Corriere sì: i malumori di alcuni soci per articoli che hanno attaccato i loro gruppi industriali, con questa decisione del patto rientrano del tutto. E allo stesso tempo si chiudono gli spazi per nuovi equilibri tra i soci. Ma l’impressione è che i temi oggetto di attrito tra Della Valle e Geronzi restino sul tappeto perché vanno al di là della gestione di un azienda come Rcs. Non a caso l’intervista al presidente di Generali uscita ieri sul Financial Times non è piaciuta a più di uno dei consiglieri e, dunque, dei soci della compagnia.
In particolare ha destato stupore il fatto che Geronzi, presidente senza deleghe, ipotizzasse investimenti nelle banche senza che tale idea sia stata concordata o condivisa. Una situazione che fa il gioco di Della Valle, che potrebbe diventare un catalizzatore di altri scontenti, questa volta in casa Generali. Con la possibilità che si formi e acquisiti forza un «movimento» generazionale piuttosto che culturale, con l’obiettivo di modernizzare il capitalismo nazionale.
Così non deve stupire che proprio ieri, nel sito della «Fondazione Italia Futura», think tank di Luca di Montezemolo, fosse online una sorta di manifesto politico per un nuovo capitalismo. Che potrebbe essere stato scritto dallo stesso Della Valle, che di Montezemolo è grande amico. E dove si dice che «l’Italia è un mondo a sé», poco moderno e isolato.

Ma che qualcosa «si è mosso negli ultimi mesi»: la Fiat ha sconvolto il sistema delle relazioni industriali e nei salotti buoni «le pratiche opache del capitalismo relazionale vengono poste all’indice». Segnali che anche il nostro capitalismo non sarebbe immune alle spinte della modernizzazione. Mentre la politica, e il centro-destra in particolare, sono chiamate a prendere posizione.

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