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Guadagnino porta a Venezia la "Checca" di Burroughs

Il film "Queer" in concorso alla Mostra: una sfida che il regista insegue da anni

Guadagnino porta a Venezia la "Checca" di Burroughs
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Adattare un romanzo di William Burroughs per il cinema è una impresa da far tremare i polsi. Nel 1991, uscì Il Pasto Nudo di David Cronenberg: un grande film, nato da un confronto con lo scrittore iniziato a Tangeri alla metà degli anni Ottanta. Per quanto appoggiato da Burroughs, il film è fortemente di Cronenberg. In parte ispirata al romanzo più famoso di Burroughs, in parte alla biografia dello scrittore, la pellicola riflette l'ossessione per il corpo, la nascita e soprattutto la rinascita di Cronenberg. Sintomatica della mano del regista è anche la splendida colonna sonora di Howard Shore e Ornette Coleman. A occhio si direbbe che l'improvvisazione free jazz sia una buona «traduzione» del linguaggio di Burroughs, in realtà è l'esatto opposto. Lo scrittore non improvvisa. L'esplosione stilistica è frutto di un metodo meccanico: il cut-up. Si prende una pagina di un libro (Conrad, spesso), si ritagliano le parole e le espressioni, si mescolano in un sacchetto, si rovesciano sul tavolo e si «montano» a piacimento. In questo modo, le parole recuperano la forza che hanno perduto a causa dell'usura.

Cronenberg rinuncia ad alcune caratteristiche primarie di Burroughs. Il Pasto nudo è un grande romanzo comico (comico, s'intende, come la Commedia o La fiera delle vanità di William Thackeray o Céline). È presente ma finisce in secondo piano anche la critica serrata di Burroughs ai sistemi di controllo del nuovo potere. Cronenberg è più interessato, fatto del tutto legittimo, alla rinascita dello scrittore dopo un periodo terribile successivo all'omicidio fortuito della compagna Joan Vollmer. Episodio raccontato in mille modi dai molti biografi. Burroughs ha sempre detto che stava mostrando le proprie armi a un possibile acquirente. Partì un colpo in modo del tutto accidentale. Altri dissero che, nel clima di ubriachezza generale, Burroughs, ottimo tiratore, volle giocare a Guglielmo Tell. La mela (un bicchiere) rimase intatta. Il proiettile colpì Joan. Per porre fine al senso di colpa, Burroughs si imbarcò in una avventura sudamericana, alla ricerca di un mitico allucinogeno, lo Yage.

E qui la biografia di Burroughs incrocia uno dei film più attesi in concorso alla prossima Mostra internazionale d'arte cinematografica, a Venezia (dal 28 agosto al 7 settembre). Luca Guadagnino, reduce dal successo di Challengers, ha adattato il romanzo Queer (o Checca, a seconda delle edizioni italiane, Sugarco e Adelphi) di William Burroughs. Queer è un romanzo di impianto più tradizionale rispetto al Pasto nudo. Siamo nell'Interzona, ovvero in una versione burroughsiana di Città del Messico (e Panama). Lee, alter ego, dell'autore è ossessionato dall'amore per Allerton, un giovane ambiguo e distaccato. Il corteggiamento inizia e prosegue nei bassifondi dell'Interzona, nella descrizione dei quali Burroughs si gioca la carta dell'umorismo nero come la pece. Lee e Allerton, nel romanzo, partono per un viaggio alla ricerca dello Yage, una liana allucinogrna ambita anche da russi e americani perché consentirebbe il controllo totale dei cervelli altrui. Lee è straziato dalla consapevolezza che l'amore di Allerton non può durare.

Nel ruolo del protagonista, Guadagnino ha fatto una scelta che si direbbe perfetta: Daniel Craig che, tra parentesi, ha una grossa opportunità per lasciarsi alle spalle il ruolo di James Bond in via definitiva. Perché scelta perfetta? Burroughs, contrariamente a quanto si crede, aveva un'aria e modi da gentleman. Proveniva da una famiglia molto ricca, campava di rendita e aveva avuto la miglior istruzione possibile: laurea a Harvard, specializzazione a Vienna, altri studi a Città del Messico e Berkeley. Burroughs era apertamente omosessuale ma non apprezzava l'effeminatezza ed era decisamente misogino almeno nelle opere. Craig ha la ruvida finezza necessaria per rendere al meglio Burroughs (unica cosa in cui non gli assomiglia per niente è il bicipite guizzante).

Sulla scena ci sono anche Drew Starkey nel ruolo di Allerton, e poi Lesley Manville, Jason Schartzman ed Henry Zaga. Il film è stato girato nel luglio scorso a Cinecittà dove è stata anche ricostruita Città del Messico.

Una grande sfida, alla quale il regista, pare, pensa da decenni. Vedremo se sarà vinta.

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