La «guerra dei conti» continua

da Milano

La «guerra dei conti» è un capitolo-chiave del conflitto tra azienda e lavoratori, che dilania Alitalia. Tutto è cominciato alla vigilia dello sciopero di mercoledì scorso, con una dichiarazione del segretario nazionale della Filt-Cgil, Roberto Scotti, secondo cui il budget Alitalia prevede «perdite nell’ordine di 250-300 milioni per il 2006».
Immediata la smentita dell’azienda: «Ogni notizia al riguardo deve intendersi destituita da ogni fondamento poiché il documento di budget 2006 non è stato ancora completato e sottoposto al consiglio d’amministrazione. La compagnia peraltro conferma l’obiettivo di un risultato positivo per l’anno in corso, così come previsto dal piano industriale 2005-2008, in precedenza comunicato al mercato».
Ma i sindacati insistono: «Smentire che le perdite 2006 del gruppo Alitalia saranno tra i 200 e i 300 milioni di euro è smentire un dato noto ormai a tutti i dirigenti di Alitalia». Così le cinque organizzazioni dei lavoratori - Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Up - replicano in un comunicato congiunto. Forse tutto si spiega nel diverso «perimetro» dei conti presi in esame dall’azienda e dal sindacato. Non va dimenticato infatti che Alitalia è stata suddivisa tra attività di volo e di terra, e che queste ultime sono confluite nella Az Service, di cui Alitalia detiene il 51% del capitale, lasciando al partner Fintecna il 2% in usufrutto.

Una scelta che intendeva accontentare il sindacato (che esigeva la maggioranza in capo ad Alitalia) e contemporaneamente ottenere il deconsolidamento di tale società dal bilancio di gruppo.
Questo potrebbe spiegare i contrasti sulle cifre: tanto più che le cinque sigle in rivolta hanno la loro base proprio tra il personale di terra, quello «scorporato».

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