La Cina è pronta a una guerra: gli strani segnali da non sottovalutare

Il rischio di un conflitto tra Cina e Stati Uniti – soprattutto su Taiwan – resta concreto. Attenzione però: Pechino potrebbe non essere ancora pronta a combattere in maniera efficace

La Cina è pronta a una guerra: gli strani segnali da non sottovalutare

"Se ciò che vogliono gli Stati Uniti è la guerra, che si tratti di una guerra tariffaria, commerciale o di qualsiasi altro tipo, noi siamo pronti a combattere fino alla fine". Lo scorso marzo l'ambasciata della Cina negli Usa rilanciava sui social una frase governativa piuttosto emblematica. Donald Trump aveva appena incrementato i dazi sulle merci Made in China e Pechino aveva fatto altrettanto sui prodotti statunitensi, dando il via ad una preoccupante escalation verbale. La frase cinese sulla guerra, nonostante fosse pura retorica, è stata presa alla lettera da think tank e centri accademici, che si sono subito messi all'opera per capire se le forze armate del gigante asiatico si stessero effettivamente preparando in vista di un imminente conflitto armato.

Del resto, da quando Xi Jinping è salito al potere, la Cina ha iniziato a modernizzare il proprio esercito, sviluppare armamenti moderni e riorganizzare le sue divisioni operative per meglio adattarsi al sempre più teso contesto internazionale. Attenzione però perché il riarmo cinese, come viene spesso definito dai media occidentali, non sottintende necessariamente la volontà del Dragone di ''entrare in guerra'' contro gli Stati Uniti. Al momento, infatti, l'Esercito Popolare di Liberazione (PLA) cinese non è ancora all'altezza di quello Usa. Eppure Xi continua ad insistere sulla ''prontezza alla guerra'', sulle purghe di generali e alti ufficiali inaffidabili e, soprattutto, sul dossier Taiwan. Una scintilla nel Mar Cinese Meridionale potrebbe scatenare un incendio difficilmente domabile con la semplice diplomazia. In quel caso la Cina sarebbe in grado di tenere testa a Washington e i suoi alleati asiatici?

Il rischio di una guerra

Partiamo da un paio di assunti base. Il primo: la Cina sta rafforzando il proprio esercito. Il secondo: la Cina, al netto dei grandi passi in avanti in numerosi settori strategici, non è ancora allo stesso livello militare degli Stati Uniti. Vuol dire, quindi, che i cinesi avrebbero la peggio in una ipotetica guerra tra Washington e Pechino? Non per forza. Le simulazioni condotte dagli esperti di difesa statunitensi, per esempio, hanno ripetutamente dimostrato che gli Usa – in possesso della forza militare più forte del mondo - avrebbero difficoltà a tenere testa al Pla in uno scontro vicino alle coste cinesi, in particolare nell'ambito di un conflitto a Taiwan. Allo stesso tempo ci sono altri fattori e aspetti da considerare. In un paper intitolato "La dubbia prontezza al combattimento dell'esercito cinese", il think tank RAND ha scritto che il PLA rimane per lo più concentrato sul mantenimento del potere del Partito Comunista Cinese (PCC) che non sulla preparazione alla guerra.

Le unità dell'esercito cinese, in effetti, sono guidate non solo da ufficiali comandanti, ma anche da commissari politici che si concentrano sulla lealtà al Partito piuttosto che sull'efficacia in combattimento. ''Un sistema di comando diviso riduce la capacità dei comandanti di rispondere in modo flessibile e rapido alle situazioni emergenti", legge nel paper. Secondo il think tank, inoltre, una guerra convenzionale tra Stati Uniti e Cina è una "possibilità remota" e i pianificatori del Pentagono dovrebbero concentrarsi su una gamma più ampia di minacce cinesi rispetto a missili e bombe. Non tutti sono d'accordo con una simile lettura. "La guerra non è il Piano A, ma è il Piano B, se gli eventi lo richiedono e la capacità materiale dell'Esercito Popolare di Liberazione e della Cina di far fronte a un evento del genere è forte e continua a rafforzarsi", ha fatto presente John Culver, ex funzionario dei servizi segreti statunitensi per l'Asia orientale.

La preparazione della Cina

La Cina, come detto, si è e si sta rafforzando militarmente ad una velocità senza precedenti. L'intenso programma di costruzione navale avviato da Pechino negli ultimi anni ha dato vita alla più grande forza navale/combattente marittima del mondo, in grado di operare più lontano che mai dalle coste della Repubblica Popolare Cinese. Nel frattempo, il Dragone ha compiuto progressi nel campo degli aerei stealth, dei droni e delle armi ipersoniche, trasformando vaste aree dei suoi deserti interni in campi di silos missilistici. Per far funzionare questi mezzi ed equipaggiamenti è necessario che l'esercito sia guidato da comandanti ineccepibili.

E non è forse un caso che Xi abbia purgato decine di massimi funzionari del Pla – compresi alcuni profili scelti da lui stesso - facendoli scomparire dalla scena pubblica o rimuovendoli dai loro incarichi. Già, perché il tempo stringe e la Cina deve sbrigarsi se vuole raggiungere i suoi obiettivi. Quali? Nel 2027 il PLA celebrerà il centenario della sua fondazione. E quello sarà anche l'anno entro il quale lo stesso Xi si aspetta che le forze armate abbiano compiuto progressi significativi nella loro modernizzazione. Infine, il 2027 è l'anno nel quale, secondo l'ex direttore della CIA, Bill Burns, le forze armate del Dragone dovranno essere "pronte a condurre con successo un'invasione" di Taiwan.

Proprio le purghe citate, ha fatto notare Foreign Affairs, potrebbero rallentare alcuni programmi di modernizzazione degli armamenti, destabilizzare le strutture di comando e il processo decisionale, e indebolire il morale: tutti fattori che rischiano di compromettere la capacità di combattere del Pla nel breve e medio termine. Appare tuttavia utile ripassare la storia. Nel 1950 Pechino intervenne a sostegno di Pyongyang, nella Guerra di Corea, nonostante l'economia e la società cinese fossero state devastate da anni di guerra civile.

Nel 1962 la Cina attaccò l'India, nonostante il più alto ufficiale militare cinese fosse stato epurato per aver messo in discussione il Grande Balzo in Avanti di Mao Zedong. Nel 1979 il gigante asiatico inviò un esercito mal preparato in Vietnam, dove le truppe cinesi subirono perdite significative a fronte di limitati guadagni politici.

''Ora, come allora, i leader cinesi possono intraprendere una guerra anche se le condizioni economiche e politiche interne appaiono sfavorevoli, e anche se l'Esercito Popolare di Liberazione non è pronto a combattere'', ha avvertito la nota pubblicazione statunitense. Cosa significa tutto questo? Semplice: è fondamentale concentrarsi anche sul contesto geopolitico di fondo e non solo sulla rapida modernizzazione di un esercito.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica