
L'obiettivo principale della campagna israeliana contro l'Iran è quello di porre fine al suo programma atomico. Da diversi anni Benjamin Netanyahu insiste sulla necessità di disarmare Teheran, un'iniziativa che Donald Trump ha cercato di portare avanti con un negoziato che andava a rilento. Per questo Tel Aviv ha attaccato mirando in prima battuta ai siti atomici come quello di Natanz. Il problema, hanno sottolineato diversi esperti, è che il rischio è di avviare un effetto domino pericoloso che può portare all'esito opposto.
La deterrenza nucleare come incentivo alla proliferazione
Come ha notato Nbc News, la violenza con cui Israele ha colpito per bloccare il programma dimostra la bontà stessa del programma e questo potrebbe convincere non solo il regime degli ayatollah che dotarsi di un deterrente atomico sia l'ideale per avere uno scudo contro i nemici, ma anche altre nazioni che avere un arsenale nucleare possa essere garanzia di sicurezza. Un mix che porterebbe a una proliferazione e a una nuova corsa agli armamenti.
Robert Kelly, professore specializzato in proliferazione nucleare alla Pusan National University, ha detto ad Nbc che i fatti degli ultimi cinque anni sono la dimostrazione che sempre più Paesi vedono il nucleare come una deterrenza davvero potente. E che quanto sta accadendo con l’Iran spinga molti a pensare che, se non possiedi quelle armi, puoi essere bombardato.
Proliferazione verticale e orizzontale in crescita
Il tema è complesso anche perché produce effetti sia sulla proliferazione verticale, e cioè il numero di Paesi che vogliono dotarsi di armi nucleari, sia su quella orizzontale, cioè sui Paesi che già detengono testate atomiche e che potrebbero allargare i propri arsenali. Secondo il think tank svedese Sipri, che si occupa di armamenti, l'attacco contro Teheran rischia di accelerare una corsa avviata qualche anno fa. Dan Smith, direttore del Sipri, commentando il rapporto annuale dell'istituto, ha sottolineato come "ci siano segnali che indicano come si stia preparando una nuova corsa agli armamenti, spingendo il mondo verso rischi e incertezza maggiore".
Arsenali in espansione: lo stato attuale del nucleare mondiale
Gli esperti restano preoccupati. Tutti e nove i Paesi che detengono armamenti, Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, India Pakistan, Corea del Nord, e Israele, stanno continuando a sviluppare i loro programmi atomici di ammodernamento degli ordigni. Stando ai dati del Sipri al momento nel mondo ci sono 12.241 testate, di queste 9.614 si trovano in scorte militari pronte all'uso. A loro volta di queste 3.912 sono impiegate su testate e aerei mentre le restanti sono nei depositi. Complessivamente, conclude il Sipri, sono 2.100 le testate tenute in stato di massima allerta e pronte a essere lanciate. Quasi tutte riguardano gli arsenali di Usa e Russia, ma non si esclude che presto la Cina possa piazzarle su vettori pronti all'uso.
Fine dell’era del disarmo
Hans M. Kristensen, direttore del Nuclear Information Project della Federazione degli Scienziati americani ha detto in modo molto diretto che "L'era della riduzione del numero di armi nucleari nel mondo, che durava dalla fine della Guerra Fredda, sta volgendo al termine". Per Kelly il primo Paese che potrebbe spingere sull'avere un'atomica resta l'Iran: "Quando questa guerra finirà penso torneranno a ricostruire il programma".
Secondo l'intelligence americana, ha scritto la Cnn, gli strike di Tel Aviv anche se hanno causato danni molto gravi alle centrifughe di Natanz, il sito fortificato di Fordow è rimasto intatto e questo vuol dire che al momento i danni israeliani hanno rallentato il programma nucleare iraniano solo di pochi mesi. Tutto questo può avere due effetti a cascata. Se il regime di Teheran dovesse resistere, accelererebbe il programma e questo a sua volta costringerebbe Israele ad aumentare il suo arsenale, oggi stimato a 90 testate, ma soprattutto creerebbe timori nei vicini della Repubblica islamica, in particolare l'Arabia Saudita. Come ha scritto il think tank Nuclear Thereat Initiaive, "Anche se l'Arabia Saudita non possiede armi di distruzione di massa, i funzionari sauditi hanno dichiarato che acquisiranno armi nucleari se il loro rivale regionale, l'Iran, ne possedesse".
Corea del Nord e la lezione iraniana
Questa corsa convincerebbe poi altri Paesi della bontà delle loro scelte atomiche, come la Corea del Nord. A Pyongyang le testate vengono considerate lo scudo per il regime dei Kim. Se l'Iran virasse verso l'atomica il regime si convincerebbe della necessità di mantenere l'arsenale rendendo qualsiasi trattativa con Corea del Sud e Stati Uniti di fatto vana. Decker Eveleth, analista del CNA Corporation che si occupa di nucleare coreano, qualche giorno fa su X ha scritto molto chiaramente come a Pyongyang in molti si stiano "dando pacche sulle spalle" e che i "bombardamenti israeliani sono esattamente il tipo di campagna aerea che la Corea del Nord ha previsto da decenni e che ha convinto il regime a investire nell'arma nucleare".
L'Occidente pronto a cercare l'atomica
Oltre ai regimi, ci sono anche altri Paesi che potrebbero presto convincersi di dotarsi di armamenti. È il caso della Corea del Sud. Seul si è sempre sentita protetta dall'atomica americana, ma l'atteggiamento di Donald Trump ha fatto aumentare i timori di rimanere scoperti. Non a caso secondo un sondaggio Gallup del 2024 il 72,8% dei cittadini è favorevole a un arsenale domestico. Persino il Giappone, unico Paese ad aver subito ben due strike atomici, ha iniziato a vagliare l'ipotesi dell'atomica.
Dibattito intenso anche in Europa.
Mentre si ragiona sulla possibilità di estendere l'ombrello nucleare francese sulla Germania, chi pensa a un proprio deterrente atomico è la Polonia. Il premier polacco Donald Tusk lo scorso marzo ha sottolineato che il cambiamento geopolitico della Casa Bianca costringe a una riflessione.