Per Mosca l'ultimo test è stato un successo. Per la Nato si tratta di un altro pericoloso segnale di escalation. La Russia avverte il mondo delle sue capacità atomiche mostrando i risultati preliminari di un nuovo test sul missile Burevestnik. Noto anche con il nome Petrel e identificato dalla Nato come SSC-X-9 Skyfall, il Burevestnik è un missile da crociera che può portare sia testate convenzionali che nucleari, ma l'elemento che lo distingue da altri armamenti russi è il sistema di propulsione.
Secondo i tecnici russi, infatti, Skyfall viene "spinto" da un propulsore nucleare miniaturizzato. Aspetto questo che lo renderebbe in grado di un moto quasi perpeuto e soprattutto di essere in grado di raggiungere ogni parte del mondo. Secondo Valerij Gerasimov, capo di Stato maggiore russo, nell'ultimo test il missile ha coperto la distanza di 14mila chilometri in 15 ore. Mosca lavora al Burevestnik da anni. Dal 2017 a oggi i test effettuati sono stati almeno 14, come ha ricordato un bollettino dell'organizzazione Nuclear Threat Initiative. Molti test sono stati fallimentari, in particolare uno, avvenuto nel 2019, quando durante le operazioni di recupero del reattore un'esplosione causò la morte di sette persone.
Come è fatto il Burevestnik
Secondo un dossier del Nuclear Threat Initiative, il Burevestnik è un missile da crociera subsonico progettato per avere una gittata di 23 mila chilometri. Sebbene Mosca parli di una gittata "illimitata", in realtà gli analisti sostengono che il missile possa volare al massimo per uno o due giorni. La propulsione arriverebbe grazie a una mini centrale nucleare compatta che riscalderebbe l'aria in un motore a getto.
Gli analisti del think tank americano da anni avvertono che un vettore come il Burevestnik è estremamente pericoloso non solo sul piano militare, ma anche per la natura stessa del sistema di propulsione dato che in fase di lancio possono verificarsi perdite di materiale radioattivo o il danneggiamento delle capsule, con conseguente dispersione di radiazioni. Non a caso nei test del 2023 il lancio del missile veniva accompagnato da due aerei cargo Il-76 allestiti da Rosatom e trasformati in laboratori per rilevare le radiazioni. Ma, scrive ancora il NTI, non è da escludere che Mosca sia riuscita a migliorare il funzionamento delle mini centrali compatte della gamma che va da 1 a 20 MW.
La strategia russa
Il Burevestnik sarebbe in grado di trasportare più di una testata e dopo il lancio dovrebbe essere in grado di volare a bassa quota evitando gran parte dei sistemi di difesa aerea per poi raggiungere l'obbiettivo sganciando uno o più testate. In passato Vladimir Putin ha apostrofato il vettore come una sorta di missile Tomahawk con gittata illimitata. Gli esperti americani che hanno studiato il missile russo sostengono che il Burevestnik sia da considerare un'arma per il second-strike, ovvero un tipo di vettore da utilizzare come risposta a un attacco nucleare di un'altra nazione.
Attualmente per testarlo, i russi hanno usato una rampa con un razzo a combustibile solido e il motore nucleare inizia a spingere il missile solo in un secondo momento. Tenendo conto che un missile Tomahawk ha bisogno di una potenza di 800kW, per spingere un Burevestnik non serve una potenza molto maggiore. Seguendo lo sviluppo dell'industria atomica americana, gli scienziati del NTI hanno stimato che i russi possano disporre di reattori miniaturizzati capaci di essere installati su aerei commerciali o camion. Stando sempre al dossier NTI è possibile che i russi puntino a montare il Burevestnik su caccia MiG-31BM.
L'eterna corsa al missile a propulsione atomica
Il principio di funzionamento del Burevestnik in realtà non è nuovo. Già durante la Guerra Fredda gli Stati Uniti avevano provato a sviluppare un missile simile tramite il progetto Pluto. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta il Lawrence Livermore National Laboratory aveva lavorato a un prototipo di un'arma SLAM, ovvero un missile subsonico a bassa quota spinto da un reattore.
A differenza dello Skyfall, il missile a cui lavoravano gli americani doveva volare per mesi a velocità da Mach 3 a Mach 5 portando testate multiple pronte per essere sganciate sull'Unione Sovietica. Il progetto Pluto venne poi abbandonato per gli eccessivi rischi.