Prigozhin ferma la rivolta e Mosca lo "grazia": cosa non torna nel tentato golpe

Le minacce, l'assalto poi la mediazione della Bielorussia fino alla decisione di Mosca di sospendere il provvedimento contro Prigozhin. Il riassunto delle 24 ore più surreali degli ultimi anni vissute dalla Russia e dal mondo

Prigozhin ferma la rivolta e Mosca lo "grazia": cosa non torna nel tentato golpe

La giornata più surreale vissuta dalla Russia (e non solo) negli ultimi anni è partita nel pomeriggio di venerdì. Ad avviare le 24 ore più difficili per Mosca sono state le dichiarazioni di Eugenji Prigozhin, capo dei miliziani della Wagner, secondo cui il ministero della Difesa russo ha mentito sulle ragioni della guerra in Ucraina. Frasi pesanti, in grado di sconfessare per intero la linea del Cremlino. Poche ore dopo, Prigozhin ha minacciato di marciare verso Rostov per dirigersi così in direzione di Mosca. Propositi attuati in parte fino alle 19:30 di questo sabato, quando lo stesso capo della Wagner ha annunciato un repentino dietrofront. "Evitiamo un bagno di sangue", ha dichiarato su Telegram. Ma in realtà, la svolta che ha messo fine al principio di guerra civile si è avuta per un accordo mediato dal presidente bielorusso, Alexandar Lukashenko. Un arco di crisi risolto in una manciata di ore culminato con l'archiviazione del procedimento penale contro Prigozhin, e forse con uno scioglimento della Wagner. Ma andiamo con ordine.

Perché Prigozhin ha iniziato a marciare verso Mosca

Le 24 ore più difficili per la storia recente russa non hanno avuto inizio all'improvviso. Gli screzi tra Prigozhin e i vertici della Difesa russa vanno avanti da diversi mesi. Almeno da gennaio. In quel mese, il capo della Wagner ha iniziato a prendersi la scena all'interno del conflitto in Ucraina. Le sue truppe infatti, mercenarie e vicine alla leadership del Cremlino, sono state determinanti per la conquista di Soledar. Quest'ultima è una cittadina ucraina poco distante da Bakhmut, nel Donbass. La vittoria sul campo è arrivata dopo mesi di indietreggiamenti e sconfitte dell'esercito russo. Prigozhin per la prima volta si è fatto vedere in prima linea, ha inviato diversi video dalla città appena conquistata e, contestualmente, ha iniziato a rivolgere accuse ai vertici della Difesa.

In particolare, il capo dei mercenari ha lamentato già in quel mese di gennaio il poco sostegno ricevuto da Mosca. Sotto accusa è finito soprattutto il ministro della Difesa, Sergej Shoigu. Nelle settimane successive, la Wagner ha iniziato ad avanzare anche a Bakhmut. Più volte Prigozhin è intervenuto sul proprio canale Telegram per denunciare l'assenza di rifornimenti. I suoi successi sul campo hanno dato modo di rivendicare le uniche vittorie russe lungo il fronte ucraino. Circostanza che ha contribuito a inasprire i rapporti già tesi con Shoigu e Gerasimov, il capo di stato maggiore dell'esercito anch'egli ritenuto responsabile del caos nella gestione della guerra in Ucraina.

Negli ultimi giorni, i toni sono diventati ancora più accesi. Prima dell'invettiva con cui Prigozhin ha smontato la narrativa di Mosca sul conflitto, il leader della Wagner ha rivelato la presenza di numerose perdite russe negli altri fronti a causa della controffensiva ucraina. Nella tarda serata di venerdì 23 giugno, ha così avuto inizio l'avanzata militare dei soldati della Wagner all'interno del territorio russo. Il tutto, secondo indiscrezioni ancora non confermate, dopo un tentativo di arresto da parte di Shoigu nei confronti di Progozhin.

La posizione di Vladimir Putin

Il leader dei mercenari russi nei suoi discorsi non ha mai attaccato il presidente Vladimir Putin. Al contrario, lo ha spesso dipinto come vittima delle congiure e dell'incompetenza dei vertici della Difesa. La sua battaglia cioè sarebbe stata quella volta a liberare il Cremlino dall'influenza di Shoigu e Gerasimov, ma non da Putin. Tuttavia, quando le brigate della Wagner hanno iniziato a marciare da Rostov in direzione nord, il capo dello Stato russo ha preso una netta scelta di campo: ha considerato Prigozhin alla stregua di un traditore e ha invitato all'unità nazionale per contrastare l'avanzata dei suoi uomini.

Il Cremlino quindi ha deciso di stare con i vertici della Difesa, con Putin che ha paragonato le azioni della Wagner a quelle dei rivoltosi del 1917 che, nella ricostruzione storica del presidente russo, hanno impedito a Mosca di proseguire e vincere la prima guerra mondiale. Lo scontro tra le due parti, nella mattinata di sabato 24 giugno, è apparso quindi inevitabile.

Cosa è successo durante l'avanzata della Wagner

Alle ore 7:30 del 24 giugno, il capo dei mercenari è apparso in video su Telegram da Rostov. Ha rivendicato così la conquista della città, la più importante del sud della Russia e dell'area di confine con l'Ucraina. I suoi uomini hanno preso possesso delle principali strutture militari, compreso l'edificio che ospita il comando sud dell'esercito. Il tutto senza sparare un colpo: non è stata riscontrata una forte resistenza da parte delle truppe regolari di Mosca.

Nel frattempo nella stessa capitale era già stato proclamato lo stato di allerta. I quartieri governativi da alcune ore si presentavano infatti presidiati dalle forze di sicurezza e dalla polizia. Ben presto però l'attenzione si è proiettata soprattutto a sud. Nonostante la chiusura dell'autostrada M4 all'altezza di Rostov, i miliziani della Wagner hanno rivendicato avanzate lungo l'arteria stradale che collega il sud con Mosca. Intorno a metà mattinata, sui social sono apparse immagine che hanno testimoniato l'esistenza di scontri nell'oblast di Voronezh, a metà strada tra Rostov e Mosca. Qui almeno tre elicotteri e un aereo Antonov An26 sono stati abbattuti. Segno della presenza, all'interno dei convogli della Wagner, della contraerea. A Voronezh si è avuto anche l'unico episodio documentato di reazione dell'esercito alle azioni dei mercenari: un convoglio infatti è stato colpito dall'aviazione.

Tuttavia, la Wagner ha potuto sfruttare la presenza nelle regioni che si affacciano sulla M4 di vari gruppi attivati dal via libera di Prigozhin. Per questo motivo, nel primo pomeriggio sono stati segnalati convogli dei contractors all'interno della regione di Lipetsk, a 400 km da Mosca. A quel punto, la capitale russa ha iniziato a essere messa in un vero e proprio stato di guerra: evacuati musei e teatri, chiusi uffici e scuole, checkpoint e posti di blocco segnalati in diversi angoli della metropoli.

Poi l'improvviso nuovo colpo di scena. Poco prima delle 19:30, da Minsk il presidente bielorusso ha annunciato di aver siglato un accordo con Prigozhin che prevede la fine dei combattimenti. Pochi minuti dopo, Prigozhin stesso in un audio ha dichiarato di aver dato ordine alle proprie truppe di tornare indietro e non procedere verso Mosca. Il tutto per evitare un bagno di sangue. Come spiegato dallo stesso Lukashenko, il capo della Wagner ha deciso di fermare l'operazione dopo rassicurazioni mediate con Mosca.

Cosa non torna della vicenda

In serata una dei momenti di svolta più grotteschi, con la decisione di Mosca di archiviare il procedimento contro il capo della Wagner, una scelta confermata direttamente da Dmitry Peskov. Il portavoce presidenziale non ha specificato cosa avrebbe fatto esattamente Prigozhin nell'ex repubblica sovietica. Lo stesso Cremlino ha confermato come il capo della Wagner sarebbe in procinto di trasferirsi in Bielorussia.

Quest'ultimo punto appare quello politicamente più rilevante. L'azione militare della Wagner contro il Cremlino è stata fermata grazie a una mediazione di Minsk. Circostanza che rischia di indebolire Putin, il quale dal canto suo ha ringraziato Lukashenko per l'opera svolta con Prigozhin.

C'è poi la questione relativa ai contenuti dell'accordo. Non si conoscono i dettagli, ma si parla di rassicurazioni ricevute da Prigozhin in ordine alla sicurezza del gruppo Wagner e al cambio di mano all'interno del ministero della Difesa, in particolare con l'allontanamento degli odiati Shoigu e Gerasimov. Se così fosse, si tratterebbe di una vittoria politica del capo dei miliziani rivoltosi. Il quale, dal canto suo, ha potuto dare un'evidente prova di forza ai danni del Cremlino.

In serata le parole dello stesso Peskov hanno ingarbugliato ancora di più una situazione intricatissima. "Nell'accordo per il ritiro di Wagner", ha detto il portavoce, "è previsto che i miliziani che non hanno preso parte alla rivolta, e che lo desiderano, possono firmare dei contratti con il ministero della Difesa".

Peskov ha anche spiegato che nessuno di quelli che ha preso parte alla "marcia" verrà perseguito. Un ultimo giallo nel giallo, che paradossalmente apre le porte allo scioglimento della milizia. Il segno che il caos scatenato dalla Chef di Putin potrebbe non essere finito.

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