I raid anti-bunker, il palazzo di Nasrallah e le talpe: così Israele ha "bucato" Hezbollah

Ancora nessuna certezza della morte di Hassan Nasrallah dopo gli attacchi mirati delle Idf su Beirut. Difficile possa essere ancora vivo mentre il movimento è decimato

I raid anti-bunker, il palazzo di Nasrallah e le talpe: così Israele ha "bucato" Hezbollah
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All'indomani del pesante attacco di Israele sulla roccaforte di Hezbollah a Beirut, giunge la certezza sulla sorte di Hassan Nasrallah. La guida delle milizie filoiraniane irraggiungibile da ore, è morto. La conferma arriva ufficialmente dall'esercito israeliano.

Hezbollah non aveva confermato né smentito le voci sulla possibilità che Nasrallah fosse morto nell'Operazione "Nuovo Ordine" delle Idf, anche se - evidenzia la Bbc - media legati ai Guardiani della Rivoluzione dell'Iran avevano sostenuto di avere conferme che fosse vivo "e in un luogo sicuro". Mentre su X c'è chi, vicino a Hezbollah, chiedeva di "pregare per la salvezza del loro leader". C'è ancora chi, soprattutto giovani, in Siria come in Libano, è sceso in strada per festeggiare la morte del leader.

Al comando dal 1992, Nasrallah, come molti altri leader simili, vedi Hamas, ha sempre dovuto calcolare ogni passo, centellinare la presenza, ridurre le apparizioni, costruire reti di fiducia: un doppio scudo, un duplice livello di sicurezza fino ai più stretti collaboratori, le guardie personali e la famiglia. Perché è proprio in questa rete di protezione che i nemici, interni ed esterni, hanno sempre cercato di infiltrarsi. Questo ne ha fatto una figura mitica, a metà strada fra il leader e il santone, che c'è e non c'è, e che è costretto ad agire nell'ombra. Così Hezbollah ha funzionato benissimo negli ultimi trent'anni.

Ma qualcosa è andato storto. Dapprima, la morte di Fuad Shukr. Poi una serie di falle gravissime e di errori madornali che portano al 17 settembre scorso. L’esplosione dei cercapersone è la prova che qualcuno ha bucato il sistema e che qualcun altro potrebbe aver tradito Hezbollah. Le cariche inserite all'interno dei beeper dei miliziani sono la prova che i nemici sono riusciti a infiltrarsi nella catena di forniture che, addirittura, potrebbe essere stata appositamente creata per ingannare i proxy dell'Iran. Fino alla violazione del santuario di Hezbollah sbriciolato dagli attacchi delle Idf: il quartiere di Dahye, che per lungo tempo è stato protetto, anche con la connivenza dei locali. Un quartier generale e rifugio, ora sventrato dalle bombe e cimitero della dirigenza della milizia. Lì, sotto le macerie, pare esserci anche lui, Nasrallah.

Ora il gruppo è sottosopra. Dapprima gettato nel panico per via delle esplosioni inspiegabili e costretto a limitare le comunicazioni, poi a venire allo scoperto compiendo passi falsi. Poi ancora, la mattanza degli alti comandanti, un dopo l'altro, assieme a numerosi pezzi da novanta. Non ultimi, questa notte, Muhammad Ali Ismail, comandante dell'unità missilistica di Hezbollah e il suo vice Hossein Ahmed Ismail. Ma le mirabolanti tecnologie del Mossad poco possono fare senza gli uomini, senza qualcuno che abbia rivelato dettagli fondamentali sul chi, cosa e quando.

Al di là della ricostruzione dell'organigramma puntuale di Hezbollah, qualcuno, o più di qualcuno, deve aver informato Tel Aviv che ieri qualcosa di molto importante sarebbe avvenuto a Beirut: una riunione d'emergenza probabilmente, con Nasrallah presente o "di passaggio"; una mossa a cui i miliziani sono stati costretti dalle contingenze, non potendo più restare nascosti e senza poter comunicare.

Così, hanno scelto di rischiare, a vantaggio di Israele, però. Ore di bombe su un perimetro così limitato, infatti, significano solo una cosa: la certezza delle informazioni in possesso. Le macerie, in queste ore, diranno il resto.

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