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Droni contro cavalli: cosa c'è dietro il video sui soldati di Putin

Un video divenuto virale diventa una chiave di lettura sulle difficoltà logistiche, l’adattamento tattico e il dominio dei droni sul campo di battaglia

Droni contro cavalli: cosa c'è dietro il video sui soldati di Putin

Ucraina, anno 2025. L’immagine, instabile e leggermente compressa, segue alcuni soldati russi che avanzano a cavallo in un terreno aperto, privo di coperture evidenti. I movimenti sono lenti, non coordinati come in una formazione meccanizzata, ma sufficientemente regolari da suggerire uno spostamento pianificato. Il drone li osserva per alcuni secondi, poi accelera improvvisamente, scende di quota e colpisce uno dei cavalieri. Il soldato cade, il cavallo si arresta, l’immagine si interrompe. Non vi è alcun contesto ulteriore: né dialoghi, né coordinate, né indicazioni sulla fase dell’operazione. La didascalia recita: "Le unità russe continuano a tentare di assaltare le posizioni della 92ª Brigata d'Assalto... a cavallo. E c'è una buona notizia importante: grazie alla professionalità dell'operatore di droni del battaglione di sistemi a pilotaggio remoto del 92°, nessun cavallo è rimasto ferito".

Questo frammento visivo, diffuso da canali della difesa ucraina e rilanciato dai media internazionali nelle ultime ore, ha attirato attenzione non solo per la sua violenza, ma soprattutto per il contrasto che mette in scena: un sistema d’arma altamente tecnologico contro una modalità di spostamento che sembra appartenere a un’altra epoca. Tuttavia, per comprendere politicamente e militarmente il significato di questa immagine, è necessario andare oltre l’impatto simbolico e analizzare le condizioni strutturali del conflitto.

Il ricorso da parte delle forze russe a mezzi di trasporto non meccanizzati, come cavalli o animali da soma, non può essere interpretato automaticamente come un ritorno dottrinale alla “cavalleria” né come una scelta tattica anacronistica in senso stretto. Piuttosto, si inserisce in un contesto operativo profondamente degradato, in cui la superiorità aerea locale dei droni, la saturazione del campo di battaglia da sensori e l’elevata vulnerabilità dei mezzi corazzati hanno modificato radicalmente le condizioni di movimento sul fronte. In molte aree, veicoli blindati e camion logistici sono costantemente esposti alla ricognizione e agli attacchi di precisione, rendendo ogni spostamento meccanizzato un potenziale bersaglio immediato. I cavalli non tornano perché la Russia ha trovato un'ingegnosa soluzione alternativa alla guerra dei droni. Tornano perché i camion del carburante non arrivano, i veicoli non sopravvivono e le strade non esistono più in senso stretto una volta che l'artiglieria ha finito di usarli.

In questo quadro, l’uso di animali può rispondere a logiche pragmatiche: ridurre la firma termica, evitare il rumore dei motori, muoversi su terreni danneggiati o impraticabili per i mezzi pesanti, mantenere una capacità minima di trasporto di uomini e materiali in aree dove le linee logistiche sono intermittenti o sotto pressione costante. In diversi conflitti contemporanei, anche eserciti moderni hanno fatto ricorso a metodi simili in contesti montuosi o logistici complessi.

Tuttavia, nel caso russo, la frequenza con cui emergono immagini di adattamenti di questo tipo solleva interrogativi più ampi. Il conflitto in Ucraina è caratterizzato da un consumo eccezionalmente elevato di mezzi, munizioni e personale. Le forze russe, impegnate su un fronte esteso e sottoposte a un sistema di sanzioni che limita l’accesso a componenti avanzati, devono gestire una pressione logistica continua. In questo contesto, il ricorso a soluzioni non meccanizzate può indicare non solo flessibilità tattica, ma anche difficoltà nel garantire una mobilità protetta e sostenibile alle unità di prima linea.

Dal punto di vista tecnico-militare, il problema non è l’uso del cavallo in sé, ma l’ambiente in cui esso viene impiegato. In un campo di battaglia dominato dai droni, qualsiasi movimento lento, prevedibile e privo di copertura diventa estremamente vulnerabile. L’episodio mostrato nel video evidenzia proprio questo squilibrio: la capacità ucraina di osservare, seguire e colpire un bersaglio individuale dimostra un livello di controllo tattico dello spazio aereo che rende inefficaci molte soluzioni di mobilità “a bassa tecnologia”. In questo senso, l’immagine non segnala tanto un ritorno al passato, quanto l’incapacità di sottrarsi alla sorveglianza persistente del nemico.

La scena dei soldati russi a cavallo colpiti da un drone non va letta come una curiosità folkloristica né come una prova definitiva del collasso militare russo. È piuttosto l’immagine di una guerra di logoramento in cui le forze armate sono costrette a sperimentare soluzioni estreme in un contesto sempre più ostile. Il vero segnale negativo non è l’uso di metodi tradizionali, ma il fatto che, in presenza di una sorveglianza aerea costante, questi metodi risultino drammaticamente insufficienti a garantire protezione, efficacia e sostenibilità operativa.

L'introduzione della cavalleria in prima linea da parte di Vladimir Putin avviene, inoltre, proprio mentre circolano numerose notizie secondo cui Mosca starebbe utilizzando asini, cavalli e persino cammelli per trasportare equipaggiamenti su terreni difficili.

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