Chi è Pete Hegseth, il segretario della Guerra Usa con un passato a Fox News

Hegseth non nasconde il suo obiettivo: ricostruire una cultura militare centrata su disciplina fisica, ethos guerriero e standard uniformi

Chi è Pete Hegseth, il segretario della Guerra Usa con un passato a Fox News
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Davanti a un pubblico di ufficiali e cadetti, Pete Hegseth ha scelto la sede simbolica dell’Academy di Quantico per ribadire oggi la sua visione: “Le forze armate devono tornare a essere una macchina da guerra, non un laboratorio sociale”. Con queste parole il segretario alla Difesa degli Stati Uniti ha rilanciato la sua crociata contro quella che definisce “l’era del politicamente corretto” nelle caserme.

La scena segna un ulteriore passo nell’ascesa di un personaggio che, fino a pochi mesi fa, era più noto come volto televisivo di Fox News che come leader militare. Nato a Minneapolis nel 1980, laureato a Princeton e con un master in politiche pubbliche ad Harvard, Hegseth ha alle spalle una carriera nella Guardia Nazionale con missioni a Guantanamo, in Iraq e in Afghanistan. Decorato con due Bronze Star e altre onorificenze, ama presentarsi come “uomo di trincea” più che burocrate del Pentagono. Se per i sostenitori Hegseth incarna il ritorno a un esercito concentrato esclusivamente sulla vittoria in battaglia, per i detrattori il rischio è quello di ridurre la credibilità internazionale del Pentagono e di comprimere spazi democratici come la trasparenza e la libertà di stampa.

Nel 2013 ha completato un master in politiche pubbliche ad Harvard, consolidando il profilo di militare-intellettuale. Parallelamente, ha guidato organizzazioni di veterani come Vets for Freedom e Concerned Veterans for America, sostenendo una linea interventista all’estero e riforme radicali del sistema sanitario per ex militari. I suoi libri – da In the Arena (2016) a The War on Warriors (2024) – hanno contribuito a costruire un’immagine di crociato contro il declino morale e culturale dell’America.

La sua nomina a segretario alla Difesa, confermata dal Senato il 24 gennaio con voto spaccato (50-50) e il decisivo intervento del vicepresidente J.D. Vance, rappresenta una rottura netta rispetto alla tradizione. Il nuovo capo del Pentagono ha avviato una “revisione da zero” che ha già portato allo scioglimento di organi consultivi storici e a una stretta senza precedenti sulla libertà di movimento e di parola dei giornalisti accreditati al Pentagono.

. “Abbiamo troppi generali fuori forma”, ha detto di recente, esortando gli ufficiali contrari alla sua linea a farsi da parte. Una retorica che ha generato entusiasmo tra alcuni reparti, ma anche critiche feroci dentro e fuori le forze armate.

Il segretario ha inoltre alimentato polemiche con dichiarazioni su presunti “piani per ogni contingenza”, inclusi scenari tanto improbabili quanto provocatori, come operazioni in Groenlandia o Panama. Allo stesso tempo, la sua decisione di ridurre drasticamente programmi di diversità, equità e inclusione ha acceso lo scontro politico, con i critici che lo accusano di voler riportare indietro l’orologio.

Non mancano infine ombre sulla sua

gestione: dai resoconti interni che parlano di “sfoghi maniacali” e tensioni con lo staff, fino alle polemiche sulla scelta simbolica di ribattezzare il Dipartimento della Difesa come “Department of War”.

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