
Un possibile punto di svolta nel conflitto a Gaza: secondo quanto riferito dall’emittente qatarina Al Araby, Hamas avrebbe accettato il piano statunitense per un cessate-il-fuoco nella Striscia, elaborato dall’inviato americano Steve Witkoff. Fonti vicine ai negoziatori parlano di un’accoglienza positiva da parte del movimento palestinese, che avrebbe richiesto soltanto “lievi e formali modifiche” al testo originario, senza contestarne i punti cardine.
Cosa prevede il piano
Un cessate-il-fuoco di 60 giorni, il rilascio scaglionato degli ostaggi, corridoi umanitari sotto supervisione internazionale e un calendario vincolante per negoziare una tregua permanente: sono questi i cardini del piano proposto dagli Stati Uniti e accettato da Hamas con richieste minime di revisione formale. I dettagli dell’intesa – pubblicati dalla rivista saudita Al-Majalla – mostrano un impianto multilivello volto a porre fine, almeno temporaneamente, al conflitto nella Striscia di Gaza, con garanzie diplomatiche fornite anche dall’amministrazione Trump.
Il piano, già approvato nei giorni scorsi dal ministro israeliano per gli Affari Strategici, Ron Dermer, durante un incontro a Washington verrebbe attuato in cambio di concessioni umanitarie e garanzie di sicurezza nella Striscia. Hamas chiede inoltre l’esclusione della Gaza Humanitarian Foundation (GHF) dalle operazioni logistiche, ritenendola evidentemente non più neutrale o efficace. La risposta positiva di Hamas rappresenta un segnale politico importante dopo mesi di stallo nei colloqui, e potrebbe ora rilanciare gli sforzi diplomatici regionali e internazionali. Resta da vedere se Israele accetterà la controproposta nella sua forma finale e se si riuscirà a tradurre questa intesa in un cessate il fuoco stabile. Ma per la prima volta dopo settimane di tensione crescente, la possibilità di una tregua concreta sembra più vicina.
Il capitolo ostaggi
Il capitolo centrale riguarda gli ostaggi. Hamas si impegna a liberare gradualmente 10 israeliani vivi e a restituire i resti di altri 18 entro la durata della tregua. Il primo giorno dell'accordo, otto persone verrebbero rilasciate, seguiti da dieci corpi entro il primo mese. Gli ultimi due ostaggi sopravvissuti tornerebbero il giorno 50. In parallelo, Israele libererà un numero definito di detenuti palestinesi, secondo un meccanismo discreto e privo di cerimonie pubbliche. Il giorno 10, Hamas fornirà prove di vita o documentazione medica riguardo ai restanti ostaggi, mentre Israele condividerà dati sui civili gazawi detenuti o deceduti dal 7 ottobre.
La componente militare
La componente militare prevede la cessazione di tutte le operazioni offensive israeliane fin dal primo giorno di entrata in vigore. Contestualmente, cominceranno colloqui mediati dagli alleati internazionali per arrivare a un'intesa permanente, che comprenda il ritiro graduale delle forze israeliane e nuove garanzie di sicurezza nella Striscia. Due fasi di ridispiegamento delle truppe IDF sono previste: una iniziale nel nord di Gaza, e una seconda al sud dopo la restituzione di cinque corpi.
Fondamentale anche la questione umanitaria: l’accordo assicura un afflusso regolare di aiuti nella Striscia, distribuiti attraverso meccanismi coordinati con l’ONU e la Mezzaluna Rossa, sulla base dell’intesa siglata lo scorso 19 gennaio. La consegna dei beni di prima necessità partirà subito dopo la conferma di adesione da parte di Hamas.