Guerra in Israele

Il capo di Hezbollah ucciso e il missile russo contro Israele: si scalda il fronte col Libano

I miliziani libanesi hanno colpito la base aerea del monte Meron con un missile sofisticato di fabbricazione russa, capace di raggiungere bersagli fino a 10 chilometri di distanza e costruito per distruggere i tank

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L’attacco degli Hezbollah alla base della difesa aerea israeliana sul monte Meron, che tiene d’occhio il traffico areo a nord di Tel Aviv, gestisce il sistema Iron Dome ed è dotata di radar a lungo raggio, ha preso di sorpresa le Idf ed è stato effettuato con un’arma sofisticata: il missile anti-tank russo Kornet.

È un razzo che conosciamo bene ma di solito aveva un raggio d’azione di 5 chilometri e sapevamo fin dove potesse arrivare”, ha commentato l’esperto militare Yair Amìnsbacher. “Hezbollah, invece, ha dimostrato di disporre di modelli che arrivano anche a 10 chilometri, forse di più. Il Kornet può sfondare le blindature pesanti d’ un tank, la sua testata è costruita per questo. Anche se ha limitate possibilità di distruggere interamente una base militare come quella”. Il timore dei vertici dell’esercito israeliano, dunque, è che i miliziani del Partito di Dio abbiano fatto una sorta di “spesa” supplementare di armamenti moderni e potenti. Potrebbe essere questa una delle ragioni dell’insistenza del premier Benjamin Netanyahu a colpire. “Hezbollah deve capire ciò che sta capendo Hamas: nessun terrorista è al sicuro”, ha dichiarato il primo ministro di Tel Aviv.

Israele ha già mandato un chiaro messaggio ai combattenti sciiti eliminando lunedì 8 gennaio Wissam al-Tawil, il comandante dell’unità d’élite Radwan, la più temuta tra le forze dei terroristi libanesi. Gli Stati Uniti, però, hanno sconsigliato allo Stato ebraico di aprire un nuovo fronte a nord. Secondo un rapporto della Dia, la principale agenzia di intelligence militare americana all’estero, le unità delle Idf stanziate lungo la Linea Blu non sarebbero sufficienti a fronteggiare gli Hezbollah, più numerosi e meglio armati di Hamas, contro cui è stata direzionata la maggior parte della potenza bellica ebraica.

Gli israeliani non hanno scartato a priori una soluzione pacifica al problema. “Le possibilità di un accordo sul confine libanese non sono alte, ma bisogna provarci. Serve un’azione politica parallela alle minacce militari”, ha affermato l’ex premier Yair Lapid, a cui ha fatto eco anche il ministro della Difesa Yoav Gallant, secondo cui il coinvolgimento su un altro campo di battaglia non sarebbe negli interessi di Tel Aviv. Il membro del governo di emergenza ha però dichiarato che gli oltre 80mila evacuati dalle regioni settentrionali del Paese devono poter tornare nelle loro case in condizioni di sicurezza e ha messo in guardia gli Hezbollah: “Vedono cosa sta succedendo a Gaza.

Sanno che possiamo copiare e incollare a Beirut”.

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