
Con la guerra che minaccia di colpire il vertice stesso del potere iraniano, la Repubblica Islamica si confronta con una possibilità finora impensabile: un cambio al vertice in pieno conflitto. La Guida Suprema della Repubblica Islamica, Ali Khamenei, avrebbe predisposto un piano di successione nel caso fosse ucciso in un attacco. Lo rivela il New York Times, citando tre funzionari iraniani a conoscenza diretta della situazione, rimasti anonimi per motivi di sicurezza.
Mojtaba Khamenei escluso eccellente
Secondo le fonti, Khamenei – attualmente rifugiato in una località segreta, probabilmente un bunker sotterraneo – avrebbe comunicato all’Assemblea degli Esperti, l’organismo incaricato di nominare il leader supremo, una rosa di tre religiosi tra cui scegliere rapidamente il suo successore. Tra i nomi indicati non figurerebbe Mojtaba Khamenei, figlio dell’ayatollah, spesso oggetto di speculazioni nelle discussioni informali sul futuro del potere a Teheran. Il suo nome era stato estratto dal cilindro in seguito alla tragica scomparsa del presidente Raisi: si tratta di un individuo che è arrivato al potere soltanto grazie alla parentela, è il volto della corruzione dilagante del Paese e non ha alcun tipo di seguito. 54 anni, è secondo figlio di Khamenei. Curriculum di tutto rispetto, formazione da teologo, in passato comandante delle forze Basji.
Il ruolo dell'ayatollah Khamenei
La questione della successione è sempre stata un tema tabù in Iran, raramente affrontato pubblicamente. Tuttavia, in questa fase di altissima instabilità, l’eventualità di un vuoto al vertice non può essere ignorata. La carica di Guida Suprema, d’altronde, è la più potente nella struttura istituzionale del Paese: Khamenei detiene il comando delle forze armate, supervisiona il potere giudiziario, legislativo ed esecutivo, ed è considerato il custode finale della dottrina sciita. La sua figura non è solo politica, ma spirituale e simbolica — il perno attorno a cui ruota l’intero assetto istituzionale del Paese.
Il New York Times aggiunge che il leader iraniano avrebbe anche designato sostituti per i vertici militari più vicini a lui, in caso di attacchi mirati da parte di Israele. Le comunicazioni elettroniche sarebbero state sospese per ridurre il rischio di localizzazione, e Khamenei starebbe comunicando esclusivamente attraverso un intermediario fidato, nel timore di operazioni letali condotte con mezzi cibernetici o tracciamenti di segnali.
I nomi di alcuni "papabili"
Tra i possibili successori meno discussi ma comunque rilevanti alla guida suprema dell’Iran figurano tre figure di spicco del clero sciita: Alireza Arafi, Sadeq Larijani e Ahmad Khatami. Alireza Arafi, attuale direttore delle scuole religiose di Qom, è rispettato negli ambienti accademici e ha buoni rapporti con l’apparato clericale, anche se non dispone di un forte sostegno politico. Sadeq Larijani, ex capo della magistratura e membro di due organi chiave del regime (il Consiglio dei Guardiani e il Consiglio di Discernimento), proviene da una delle famiglie più influenti della Repubblica Islamica, ma ha perso peso politico negli ultimi anni a causa di tensioni interne e accuse di corruzione. Infine, Ahmad Khatami, imam del venerdì di Teheran e membro dell’Assemblea degli Esperti, rappresenta la linea più dura del clero conservatore: ha una forte carica ideologica, ma manca di un seguito popolare significativo. Sebbene nessuno di questi tre abbia un consenso dominante, potrebbero emergere come candidati di compromesso in un contesto di forte frammentazione tra le élite.
Preservare la continuità istituzionale
In condizioni normali, la scelta di una nuova Guida Suprema in Iran sarebbe un processo lungo, ponderato, gestito con ritualità dai membri dell’Assemblea degli Esperti, ciascuno con le proprie liste di candidati e agende interne. Ma l’Iran, oggi, non è in condizioni normali. In un Paese attraversato dalla minaccia militare esterna e dall’instabilità regionale, l’ayatollah Ali Khamenei avrebbe deciso di imprimere un’accelerazione straordinaria alla successione, per garantirne la rapidità e preservare la continuità istituzionale.
“La priorità assoluta, in questo momento, è la salvaguardia dello Stato” spiega Vali Nasr, accademico e analista esperto di Iran presso la Johns Hopkins University. “La decisione riflette un approccio estremamente pragmatico e calcolato”. La successione alla guida della Repubblica Islamica è da decenni un tema delicatissimo, mai affrontato apertamente nei dibattiti ufficiali.