L'esempio "bipartisan" del Congresso americano

81 membri del Senato Usa su 100 hanno firmato una proposta di legge bipartisan, appoggiata da repubblicani e democratici, che chiede il varo di nuove sanzioni per spingere Putin a trattare per una pace giusta e vera

L'esempio "bipartisan" del Congresso americano
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Un nuovo paragrafo del capitolo «paradossi e contraddizioni». Dagli Stati Uniti, Paese diviso, in cui si fronteggiano da mesi trumpiani e anti-trumpiani, con un Presidente che ha messo in subbuglio il globo e in un'atmosfera che ha dato il soggetto ad una serie Tv dal titolo emblematico, Guerra Civile, viene un esempio di come una nazione dovrebbe atteggiarsi in questa fase delicata e turbolenta, cadenzata da guerre combattute sul campo di battaglia e da guerre commerciali.

Potrà apparire strano, appunto contraddittorio per un Paese caratterizzato quasi da una incompatibilità ideologica tra i due schieramenti presenti al Congresso, ma 81 membri del Senato Usa su 100 hanno firmato una proposta di legge bipartisan, appoggiata da repubblicani e democratici, che chiede il varo di nuove sanzioni per spingere Putin a trattare per una pace giusta e vera. Un provvedimento severo che prevede addirittura «dazi doganali del 500% sui beni importati da paesi che acquistano petrolio, gas, uranio e altri prodotti dalla Russia». Insomma, una bomba atomica economica che potrebbe isolare la Russia dal resto del mondo.

Non è detto ancora se il leader repubblicano in Senato, John Thune, la metterà ai voti, visto che attende un via libera dalla Casa Bianca. Questo si vedrà. Quello che conta, però, è che sul tavolo delle trattative con Putin c'è un'arma micidiale che potrebbe essere usata da Trump con il beneplacito della stragrande maggioranza del Senato Usa. Un segnale che lo Zar farebbe bene a non sottovalutare. Un'iniziativa che alla fine incalza pure The Donald per spingerlo a rompere gli indugi e a dare seguito alle minacce rivolte a Putin per evitare che continui in un minuetto diplomatico senza risultati.

Ma soprattutto l'iniziativa dei senatori Usa dimostra - questo è il punto - che una grande nazione, sia pure divaricata al proprio interno, nei tornanti della Storia, quando la situazione diventa complicata, riesce a trovare comunque uno straccio d'unità.

Una reazione naturale che contraddistingue le grandi democrazie. Basta pensare all'Inghilterra o alla Germania dei nostri giorni. In Italia questa condizione emotiva che spinge le forze politiche a trovare un'intesa per avere più forza a livello internazionale purtroppo non c'è. Se ne lamentava ieri a ragione il ministro della Difesa Guido Crosetto. E in fondo si tratta di uno dei motivi principali che ostacolano il protagonismo dell'Italia nello scenario globale.

Siamo già un Paese piccolo, aggiungici che siamo pure divisi, è evidente che diventa complicato per non dire improbo per qualsiasi governo ritagliarsi un ruolo di rilievo a livello internazionale. Un discorso che vale sia per la crisi medio-orientale che per la guerra in Ucraina. Se poi si considera che sono presenti, sia nella maggioranza di governo, sia nell'opposizione toni e accenti differenti - per usare eufemismi - che bloccano o ostacolano il dispiegarsi di una politica efficace da parte del Paese in entrambi le crisi, è evidente che un confronto tra gli schieramenti può servire anche a rendere ininfluenti le tesi più estreme.

Spingerebbe entrambi gli schieramenti ad avere come baricentro l'interesse del Paese e il buonsenso. Discorso che riguarda anche l'opposizione che ieri ha usato il napalm contro Israele e oggi, dopo l'assassinio dei due funzionari dell'ambasciata di Gerusalemme a Washington, ha denunciato un'ondata di anti-semitismo.

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