"La mia musica solo a chi si dichiara contro il genocidio a Gaza". La decisione di Paolo Fresu

L'artista ha deciso che in Israele non si potrà ascoltare la sua musica ma non mancano le critiche di chi chiede perché solo a favore di Gaza e non di tutti i popoli oppressi

"La mia musica solo a chi si dichiara contro il genocidio a Gaza". La decisione di Paolo Fresu
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La musica di Paolo Fresu non suonerà più in Israele: questa è la decisione del musicista, comunicata via social, in favore della Palestina. Chi da Israele volesse ascoltare i suoi brani, racchiusi in una discografia di oltre 400 dischi, di cui più di 90 a suo nome o come co-leader, dovrà farne richiesta scritta e sarò a discrezione della casa discografica concedere o meno una selezione di brani, nemmeno tutti. "Ho deciso che da oggi, in Israele, non si potrà più ascoltare o scaricare la musica che ho prodotto e reso disponibile con la mia etichetta discografica Tǔk Music", si legge nel comunicato diramato sui social.

Fresu è uno dei più noti esponenti del mondo jazz a livello mondiale: è uno strumentista (suona la tromba) ma è anche un compositore e autore di colonne sonore per film che gli sono valse importanti riconoscimenti. Nel 2001 è stato insignito del "Premio Django d'Or" francese come miglior musicista internazionale, nel 2004 ha vinto il Nastro d'argento per le musiche del film "L'Isola" e nel 2015 gli è stata conferita la laurea Honoris Causa in Musica dal Berklee College of Music.

Chi vorrà ascoltare i suoi brani "potrà scriverci. Manderemo gratuitamente e a nostra discrezione una selezione di brani se, chi la richiede da quello Stato, si dichiarerà contrario alla politica nei confronti della Palestina e al genocidio in corso a Gaza". Così il musicista ha deciso di autocensurarsi in Israele ma non tutti concordano con la sua decisione, perché nei commenti c'è chi gli fa notare che avrebbe "fare lo stesso con tutti i Paesi che non rispettano i diritti umani" e "inibire anche i palestinesi che non fanno pubblica abiura per Hamas. Altrimenti il tuo sarebbe un gesto, e lo è, demagogico, razzista e discriminatorio, proprio ciò che vorresti combattere". A questa critica, lo staff del musicista ha replicato ma non ha volutamente centrato il punto, sostenendo che "c'è un genocidio in atto, e cerchiamo di fare qualcosa nel nostro piccolo in relazione ad una situazione internazionale che è insostenibile".

Lo staff ha poi aggiunto che "l'atteggiamento generale dei tantissimi commenti poco costruttivi che invece sono solo pieni di offese e mascherati da contestazione manca di un piccolo dettaglio essenziale: cosa sta facendo Lei oggi per questo dramma?".

Legittimamente, c'è chi si chiede quale sia l'utilità di questo gesto simbolico e perché rivolgerlo solo verso Gaza, quando ci sono situazioni conclamate di genocidio (la Palestina non lo è) in Sudan e Myanmar, per esempio. Ma sono genocidi che non fanno notizia.

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