Gli Usa muovono ancora la flotta di aerei cisterna: da dove partono e perché sorvolano la Sicilia

Decine di aerei cisterna KC-135R/T e KC-46A dell’Aeronautica Usa sono partiti dalle basi americane, in quello che alcuni osservatori definiscono senza mezzi termini “un preposizionamento di guerra”

Gli Usa muovono ancora la flotta di aerei cisterna: da dove partono e perché sorvolano la Sicilia
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Nel silenzio rotto solo dal rombo dei motori a reazione, il cielo sopra l’Atlantico e l’Europa è stato attraversato nelle ultime 48 ore da uno dei più vasti spostamenti aerei della recente memoria militare. Decine di aerei cisterna KC-135R/T e KC-46A dell’Aeronautica statunitense sono partiti dalle basi americane per dirigersi verso il Vecchio Continente, in quello che alcuni osservatori definiscono senza mezzi termini “un preposizionamento di guerra”.

I dati di tracciamento parlano chiaro: circa 30 velivoli sono atterrati tra domenica e lunedì nelle basi di Ramstein (Germania), Morón e Rota (Spagna), Aviano (Italia) e persino all’aeroporto di Prestwick, in Scozia. Alcuni continuano a volare a sud, sorvolando i Balcani, diretti – con ogni probabilità – verso la baia di Souda (Grecia) o la base di Incirlik (Turchia). Non è raro che aerei cisterna raggiungano l’Europa per supporto logistico, ma l’ampiezza, la simultaneità e il contesto politico rendono questo movimento qualcosa di diverso: un segnale. E il segnale è chiaro. Washington sta preparando lo scacchiere, nel caso l’escalation tra Israele e Iran debordi in un confronto diretto su larga scala.

A confermare questa possibilità sono anche i decolli di ieri da Ramstein, dove alcuni degli aerei cisterna hanno preso parte a operazioni di rifornimento in volo per una flotta di caccia diretti verso il Medio Oriente. In parallelo, la base siciliana di Sigonella – asset vitale per le missioni USA e NATO nel Mediterraneo – torna sotto i riflettori. In caso di risposta iraniana, non si esclude che le IRGC possano colpire obiettivi statunitensi anche nel Sud-Est Europa.

Secondo The War Zone, “una migrazione così ampia e quasi simultanea di jet è stata molto singolare, soprattutto in un momento di estrema crisi in Medio Oriente.” In effetti, l’impressione è quella di un dispositivo in fase di attivazione. Ufficialmente, il Pentagono tace. Ma due funzionari statunitensi, parlando con Reuters sotto anonimato, hanno ammesso che il dispiegamento mira a garantire “massima flessibilità operativa” al presidente Trump. E proprio quest'ultimo, durante il vertice del G7 in Canada, ha lasciato cadere parole pesanti: “Non siamo coinvolti. È possibile che lo saremo. Ma al momento non lo siamo.” Una dichiarazione ambigua, che fa eco alla storica strategia americana della “deterrenza attiva”, sempre sul filo del coinvolgimento diretto.

Nel frattempo, il conflitto sul campo sta esplodendo. Sul piano militare, la macchina americana è tutt’altro che spenta: 40.000 soldati sono già presenti in Medio Oriente, insieme a sistemi d’intercettazione, unità navali e caccia multiruolo. Inoltre, il Pentagono ha recentemente sostituito i bombardieri stealth B-2 con B-52, dotati di armamenti anti-bunker, capaci di penetrare anche le installazioni nucleari più protette. I funzionari hanno anche affermato che la portaerei statunitense Nimitz si sta dirigendo verso il Medio Oriente, in quello che uno di loro ha definito un dispiegamento pianificato. La Nimitz può ospitare 5.000 persone e oltre 60 aerei, inclusi i caccia.

Quello che si sta consumando è un classico gioco d’equilibri tra proiezione della forza e pressione diplomatica. Il dispiegamento di asset aerei americani in Europa serve sia come deterrente contro l’Iran, sia come preludio operativo a un eventuale attacco. Israele, isolato nel teatro di guerra, ma rafforzato da un implicito appoggio statunitense, sembra determinato a non fermarsi. L’Iran, stretto tra l’esigenza di reagire e il rischio di un conflitto aperto, si muove tra minacce e aperture. La linea rossa, però, è sempre più sottile.

E

l’Europa, ancora una volta, si trova nel mezzo: hub logistico per le forze americane, potenziale bersaglio per eventuali rappresaglie iraniane, e osservatrice impotente di una guerra che si combatte a poche ore di volo da casa.

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