
da Roma
Ieri c'è stato un primo giro di orizzonte durante la riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue convocata d'urgenza dall'Alta rappresentate Kaja Kallas. Giorgia Meloni ha invece avuto una telefonata con Donald Trump per fare il punto della situazione in vitsa del summit di Ferragosto in Alaska. Ma il punto lo si farà davvero solo domani, durante una videoconferenza a cui parteciperanno non solo Trump e il suo vice J.D. Vance, ma anche Volodymyr Zelensky, i vertici di Ue (Ursula von der Leyen e Antonio Costa) e Nato (Mark Rutte) e i leader della cosiddetta coalizione dei volenterosi. Riuniti in collegamento ci saranno dunque il francese Emmanuel Macron, il tedesco Friedrich Merz, il britannico Keir Starmer (sono stati loro tre a «prendere l'iniziativa della videoconferenza», fa sapere l'Eliseo), Meloni, il polacco Donald Tusk e il finlandese Petteri Orpo. Un summit in due round, il primo più europeo alle 14 e il secondo alle 15. L'occasione per tirare le somme in vista del vertice tra Trump e Vladimir Putin in Alaska. Quando i volenterosi torneranno a riunirsi in videoconferenza, in diversi formati e sempre con la partecipazione del presidente americano.
Un faccia a faccia che non sembra partire in discesa, visto che proprio ieri Trump ha fatto sapere che certamente Zelensky non sarà della partita. Cade nel vuoto, dunque, una delle due principali istanze europee, ribadita con forza anche nella dichiarazione congiunta di sabato notte. E cioè che in Alaska fosse presente anche il presidente ucraino, perché è del tutto evidente che questo fattore cambierebbe non solo il valore politico ma anche la percezione di un incontro che nella cornice attuale rischia di essere il palcoscenico su cui Putin può rivendicare una presunta riabilitazione, quantomeno da parte di Washington. Una perplessità che accomuna tutti i leader europei. Non è un caso che proprio ieri Starmer abbia ribadito che Londra sostiene sì l'iniziativa di Trump ma che «non bisogna mai fidarsi di Putin». Peraltro, fa sapere Downing Street, dobbiamo «imparare dalle lezioni del passato», perché «quando non abbiamo predisposto garanzie di sicurezza solide» il risultato è stato di fatto «consentire a Putin di riarmarsi e ripartire». Londra, infine, sottolinea come «spetti solo all'Ucraina determinare i confini» futuri del proprio territorio sovrano. Un concetto ribadito ieri anche dal premier polacco Donald Tusk, secondo cui alla Russia non deve essere permesso di sfidare i confini «impunemente». Questione particolarmente sensibile per la Polonia, che a est è circondata dall'enclave russa di Kaliningrad, Bielorussa e Ucraina. «L'Occidente - dice Tusk - non accetterà richieste russe che equivalgano semplicemente alla conquista del territorio ucraino».
La seconda istanza europea - su cui si è spesa in queste ore anche Meloni nel corso del suo colloquio con Trump e durante i suoi contatti con gli altri leader dell'Ue - è quella di arrivare se non a un vero e proprio cessate il fuoco almeno a un congelamento del conflitto. Sarebbe il primo passo verso l'apertura di una reale fase negoziale. «Una condizione preliminare», ha detto ieri Tajani durante la riunione dei ministri degli Esteri dell'Ue. Su questo fronte, però, vista l'assenza di Kiev in Alaska, la partita è esclusivamente nelle mani di Trump. Nella videocall di domani, insomma, saranno questi i due principali fronti su cui l'Europa insisterà con il presidente americano. Partendo da un concetto che in verità dovrebbe essere piuttosto scontato: un negoziato non solo deve ricomprendere Kiev ma anche l'Ue, essendo evidentemente la soluzione del conflitto centrale per la sicurezza dell'intero fronte est dell'Unione europea.
Difficile prevedere quanto spazio di manovra avrà veramente l'Ue e se Trump sarà disponibile ad ascoltare i suggerimenti europei. Di certo, i presupposti con cui si arriva al summit non sono dei migliori.
Anche perché, spiega Tajani, «alcune richieste di Mosca sembrano inaccettabili», come «l'imposizione della lingua russa nei territori occupati», «le rivendicazioni territoriali» o la richiesta di «smilitarizzare» l'Ucraina.