
Se la prima fase del rilascio degli ostaggi israeliani ha preso il via, è arrivato il momento della resa dei conti a Gaza. Nelle ultime ore i miliziani di Hamas hanno intensificato le operazioni interne nella Striscia con l’obiettivo dichiarato di ristabilire il controllo sui territori e individuare coloro che avrebbero collaborato con Israele durante il conflitto. Il ministero dell’Interno di Gaza ha definito le azioni in corso un intervento per riportare la stabilità, affermando che “qualsiasi attività armata al di fuori del quadro della resistenza sarà affrontata con fermezza”. Le autorità hanno descritto gli scontri come un “ripristino dell’ordine”.
Il confronto più violento si è verificato a Tel al-Hawa, a Gaza City, dove miliziani di Hamas hanno combattuto contro il clan Doghmush, una delle famiglie più influenti della Striscia. Il bilancio provvisorio parla di 27 morti e numerosi feriti, tra cui il figlio di Naim Basem, ex ministro della Salute e membro della leadership politica di Hamas. Lo scontro con i Doghmush – attivi nei quartieri di Tel Hawa e Sabra – non è un episodio isolato. Dopo l’annuncio del cessate il fuoco siglato a Sharm el-Sheikh, il gruppo islamista aveva già affrontato scontri armati con clan locali come gli Hillis e gli Al-Majida, storicamente ostili al movimento. Questi gruppi, secondo fonti locali, approfitterebbero del caos successivo alla tregua per tentare di riaffermare la propria influenza.
Hamas, da parte sua, ha dispiegato sul territorio uomini armati e forze di sicurezza per prevenire nuove rivolte. “Almeno 7 mila forze di sicurezza, che includono l’intelligence militare e la polizia interna, sono stati mobilitati da Hamas appena si è capito che ci sarebbe stata la tregua” ha dichiarato una fonte del movimento alla Bbc. Come evidenziato in precedenza, le operazioni si concentrano soprattutto contro figure e milizie sospettate di aver collaborato con l’Idf. Tra queste, le “Forze popolari” guidate dal beduino Yasser Abu Shabab nell’area di Rafah (nei mesi scorsi incaricate informalmente dall’Idf di proteggere i convogli umanitari in ingresso nella Striscia), la gang di Ashraf al-Mansi a Beit Lahia e la formazione di Hossam al-Astal a Khan Younis.
“Condividono l’odio verso Hamas, il posizionamento in aree inaccessibili agli altri e forme di collaborazione occulta con le Idf” ha spiegato a Repubblica una fonte locale. Nei media vicini al movimento islamista, queste formazioni vengono definite “collaborazionisti e ladri di cibo”.
Il ritorno dei miliziani di Hamas nelle strade – a Gaza City, Jabalia e Khan Younis – indica la volontà del gruppo di riaffermare la propria autorità dopo mesi di guerra, attraverso una campagna di sicurezza che combina controllo del territorio e repressione dei sospetti alleati di Israele.