Il piano di Israele sembra già pronto. E punterebbe, stando a quanto rivelato ieri dal New York Times e da alcune fonti militari dello Stato ebraico, a controllare solo la parte Nord della Striscia per trasformarla in una zona cuscinetto e muovere gradualmente verso Sud. Ma potrebbe anche trattarsi di pre-tattica per sventare le strategie che Hamas ha avuto due anni per elaborare.
L’organizzazione guidata da Yahya Sinwar ha sicuramente previsto la rioccupazione della Striscia da parte di Tsahal in risposta al massacro di 1.300 israeliani.
E di certo ha studiato l’utilizzo di tunnel, strutture sotterranee e trappole esplosive per colpire alle spalle le unità costrette a muoversi in un dedalo di vicoli angusti costeggiati da rovine e condomini brulicanti di donne e bambini. Un autentico inferno tattico in cui né l’appoggio di droni, elicotteri ed F16, né l’impiego delle forze speciali garantisce perdite accettabili per l’opinione pubblica israeliana. Perdite che difficilmente verranno minimizzate dalle nuove regole d’ingaggio aggiornate in queste ore per garantire ai soldati maggior libertà d’azione.
Senza contare il jolly di 155 ostaggi, secondo l’ultimo bollettino, che Hamas può calare ogni qualvolta Israele si avvicini alle proprie basi o ai propri capi.
L’immagine di un rapito con indosso un giubbotto esplosivo già innescato basterebbe a inceppare il miglior piano di conquista della Striscia. Proprio per questo quanto filtra riguardo ai piani perla presa della Striscia va letto come parte della strategia indispensabile a confondere Hamas, portarlo allo scoperto e costringerlo a modificare i piani.
Prendiamo gli appelli ad abbandonare il Nord di Gaza e a raggiungere le zone meridionali della Striscia. Il primo risultato è quello di erodere il consenso interno facendo intendere agli abitanti di Gaza che il loro vero carceriere, pronto a farli crepare sotto le bombe, è proprio Hamas. Per moltiplicare l’efficacia delle tecniche di combattimento urbano l’organizzazione deve affrontare Israele in zone fittamente popolate. Un’esigenza strategica che si concilia con quella propagandistica di attribuire al nemico le inevitabili stragi di civili. Spingere la popolazione verso Sud serve, inoltre, a far venire allo scoperto Hamas. Se il gruppo islamista ha predisposto batterie di missili sotterranee in zone fittamente popolata allora allontanarne gli abitanti costringerà l’organizzazione a ricollocarle altrove esponendosi ai sistemi di sorveglianza israeliani. I primi risultati si son visti già tra venerdì e sabato quando, complice il primo esodo verso Sud, Israele è riuscita ad individuare ed eliminare tre comandanti responsabili dei massacri del 7 ottobre. Lo stesso vale per il jolly ostaggi. Tenerli in una zona disabitata significa facilitare l’operazione delle forze speciali responsabili di un eventuale blitz. Ma spostarli equivale ad agevolarne l’individuazione.
La sopravvivenza di Yahya Sinwar Mohammed Deiff degli altri leader politici e militari segue le stesse regole. Se puntavano a restare sul lato Nord, svuotarlo significa costringerli a imprevisti e pericolosi spostamenti. Per quanto si muovano nel sottosuolo e non usino cellulari o computer un trasferimento dei capi di Hamas attiva un apparato di sicurezza facilmente individuabile grazie a informatori e droni.
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