Trump rilancia la mediazione: proposta ad Hamas per ostaggi e cessate-il-fuoco a Gaza

Il piano prevede il rilascio immediato dei prigionieri in cambio di migliaia di detenuti palestinesi e la sospensione dell’offensiva israeliana

Trump rilancia la mediazione: proposta ad Hamas per ostaggi e cessate-il-fuoco a Gaza
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Gli Stati Uniti hanno presentato a Hamas una nuova proposta di accordo globale, che prevede il rilascio immediato di tutti gli ostaggi – vivi e deceduti – in cambio della liberazione da parte di Israele di circa 2.500-3.000 detenuti palestinesi, inclusi centinaia di condannati all’ergastolo per omicidi di cittadini israeliani. Contestualmente, Tel Aviv sospenderebbe l’operazione militare per la conquista di Gaza City. La notizia è stata rivelata dalle emittenti israeliane Channel 12 e Kan.

Secondo fonti israeliane, il presidente Donald Trump avrebbe deciso di gestire personalmente i negoziati, impegnandosi a mantenere il cessate-il-fuoco per tutta la durata delle trattative. Israele sarebbe disposto ad accettare la proposta, mentre Hamas non ha ancora fornito una risposta ufficiale.

La bozza americana non è un documento formale, ma un insieme di principi di intesa. Una volta avviata la tregua, si aprirebbero negoziati per definire i termini di una pace duratura, affrontando sia le richieste israeliane di disarmo di Hamas, sia la condizione posta dal movimento islamista per un ritiro definitivo delle forze israeliane dalla Striscia. Washington avrebbe fatto sapere a Hamas che, in caso di rifiuto, l’alternativa sarebbe un’operazione israeliana su larga scala.

La proposta è stata veicolata attraverso Steve Witkoff, inviato speciale della Casa Bianca, che l’ha trasmessa a Hamas tramite due interlocutori paralleli: l’imprenditore palestinese-americano Bishara Bahbah e l’attivista pacifista israeliano Gershon Baskin. Quest’ultimo, già coinvolto nella mediazione per la liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit nel 2011, è da tempo in contatto con dirigenti di Hamas e in passato era stato utilizzato dai servizi israeliani come canale indiretto. Secondo fonti israeliane, Israele sarebbe venuto a conoscenza della proposta soprattutto attraverso il lavoro di Baskin, e non è chiaro se sia stato avvisato preventivamente da Washington. L’uso di canali alternativi ha suscitato sospetti da parte di Hamas, che teme tentativi di aggirare i mediatori egiziani e qatarioti.

L’iniziativa diplomatica arriva mentre l’esercito israeliano ha avviato la demolizione dei grattacieli di Gaza City, considerati basi operative di Hamas, in quella che appare come la prima fase della nuova offensiva per occupare l’intera città. Trump ha ribadito che, se Hamas rilascerà immediatamente gli ostaggi, “accadranno cose positive”, ma in caso contrario la situazione per il gruppo islamista “diventerà dura e spiacevole”.

Intanto, Hamas ha concluso una visita in Egitto, definita utile a “rafforzare le consultazioni e sviluppare una roadmap nazionale” con le altre fazioni palestinesi. Nella dichiarazione diffusa dopo l’incontro, il movimento ha confermato l’impegno a “sostenere la resistenza nella Striscia” e a mantenere alta l’attenzione anche sulla Cisgiordania e Gerusalemme Est.

Nonostante la proposta americana rappresenti il tentativo più articolato degli ultimi mesi per fermare il conflitto, gli stessi funzionari israeliani avvertono che non ci sono segnali immediati di svolta. “Hamas rimane diffidente verso i canali segreti e non sembra pronta a un sì definitivo”, ha dichiarato una fonte di alto livello, sottolineando che solo un cambiamento nelle posizioni di almeno una delle parti – Israele, Hamas o Stati Uniti – potrebbe aprire la strada a un accordo.

Un colpo di scena, tuttavia, giunge da fonte vicina ad Hamas, che avrebbe riferito a Ynet che l'organizzazione terroristica non respingerebbe la proposta del presidente Trump, secondo la quale tutti i 48 ostaggi verrebbero rilasciati il primo giorno dell'eventuale accordo. Secondo la fonte, "Hamas ritiene necessario chiarire alcuni aspetti, in particolare il rapporto tra il numero degli ostaggi rilasciati e la quantità di prigionieri che Israele libererebbe".

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