nostro inviato a Como
Carlo Castagna, veste sobrio, anonimo almeno per uno come lui che griffa i mobili chic dellalta Brianza. Unico vezzo: anche se è sabato dal collo a V del maglioncino spunta il nodo di unelegante cravatta scozzese. Chissà se si aspettava un altro giorno di «notorietà» fastidiosa. Apre le porte della sua villetta-fabbrica, nascosta tra i capannoni della zona industriale dErba, per educazione. E parla in nome di quella stessa «cristiana» educazione che non lo ha mai fatto inveire contro Azouz. Ma anzi che gli ha fatto sempre pronunciare la parola perdono.
Oggi, non sembra provare emozioni particolari. Solo indifferenza, forse un sottile fastidio verso quel genero che sembra non voler mai spegnere i riflettori sulla tragedia.
«Gli avevamo augurato, in memoria dei suoi cari, di recuperare, di voltare pagina», racconta ora questo pater familias che ha costruito la casa attaccata alla sua fabbrica. E dove vive tutta la sua dinastia. «Io mi alzo ancora alle sette del mattino anche solo per far la polvere, Azouz deve ancora capire che la vita non è fatta di riflettori tv o palcoscenici. Ci vuole impegno, sacrificio, anche fisico».
Accanto uno dei due figli, Beppe, 34 anni, il più giovane. Non ha mai nascosto lui, lantipatia, o meglio, il modo opposto di concepire lesistenza rispetto al tunisino che aveva sposato sua sorella. «Per me è un po come Pinocchio. Che intorno si ritrova sempre qualche gatto e la volpe».
«Speravamo, sia io che i miei figli - prosegue Castagna - che in questi 17 mesi, dopo che era uscito dal carcere, Azouz potesse recuperare il tempo perso, fare una vita normale come hanno fatto tutti. Gli suggerivamo tutti di condurre una vita meno rischiosa. Ora si proclama innocente, però se lo hanno arrestato ci sarà un motivo. Speriamo che, come si dice, io me la cavo e che lui dimostri la sua estraneità ai fatti».
Dietro una barba che ancora non vuol diventar bianca Castagna parla come se davanti agli occhi avesse la moglie, la figlia e quel nipotino che non ci sono più. «Spero almeno che se è colpevole ciò che ha fatto risalga a prima di quella terribile sera. Cè sempre una voce che parla al nostro cuore, però se noi non riusciamo ad ascoltarla perché distratti dalle cose più facili, questa voce è inutile».
Lui e i suoi figli appena giovedì scorso erano tornati dalla Tunisia. «Siamo stati a Zagouan (il paese natale di Marzouk dove sono stati sepolti Raffaellla e Youssef, ndr), per commemorare il mese dei morti. Per salutare i nostri cari scomparsi».
Il dolore si somma a dolore. «È vero, i rapporti con Azouz non esistono più. Gli abbiamo chiesto di lasciarci perdere.
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