Vincenzo Luongo è uno dei grandi accusatori che hanno dato il «la» allinchiesta Time Out della Procura di Reggio Calabria. Casertano e arbitro delle serie minori, già due anni fa aveva denunciato il «sistema» con una email diretta ai vertici della Federazione e del Comitato arbitri. La sua segnalazione finì nel nulla, ma è servita al pm Maria Luisa Miranda a «incrociare» quelle voci con la sua inchiesta e le denunce partite da Reggio Calabria grazie a un fischietto reggino.
Dunque, anche Gianni Petrucci sapeva?
«Tutti sapevano. Due anni fa ho iniziato a capire che certe voci sulle carriere a tavolino degli arbitri erano vere. Tutti e quattro i nomi degli arbitri che mi avevano riferito sono stati effettivamente promossi in serie A. A due mesi dalla fine del campionato sono stato sostanzialmente congelato. E sono lentamente sceso in graduatoria, fino alla retrocessione».
Chi oggi sta sul banco degli imputati vi accusa di aver agito per vendetta.
«Sono pronto a dimostrare il contrario, carte alla mano. E invito i miei accusatori a fare altrettanto».
Ha letto le carte dellinchiesta?
«No, mi sono limitato a leggere quanto è uscito sui giornali. Sono rimasto sorpreso di leggere certi nomi, confido che la magistratura faccia definitivamente chiarezza».
Certo, è strano che la giustizia sportiva abbia prima lasciato arbitrare, poi assolto alcuni suoi colleghi che invece la Procura reggina vuole processare.
«È così. Ci sono molte cose strane che andranno chiarite. A leggere alcune intercettazioni ho capito che i protagonisti di questo sistema si sentivano intoccabili».
Perché nessuno dei suoi colleghi ha avuto il coraggio di denunciare questo scandalo?
«Non lo so. Non oso pensare che tutti facessero parte di questo meccanismo, ma credo che in molti avessero paura.
Tornerà ad arbitrare?
«No. Con il basket ho chiuso».
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