da Sachsenring
Ci ha creduto, ci ha provato in tutti i modi, ha rischiato fino allultima curva, eppure non è bastato. Ma non ha nulla da rimproverarsi. «Era importante far capire a Valentino, quello che comanda in questo sport, che io sono lì» dice Marco Melandri con una punta di orgoglio e un pizzico di delusione, per aver solo sfiorato un successo che avrebbe avuto un valore ben più importante dei cinque punti in più rispetto al secondo posto. Battere Rossi al termine di una gara così affascinante e combattuta, avrebbe significato essere un grandissimo, un fenomeno. Ma il campione della Honda non si dà per vinto.
«È la seconda gara consecutiva che io e Valentino arriviamo in volata: in Inghilterra gli ho regalato il secondo posto con un errore, mentre qui lui è stato più bravo di me. Niente da dire, giù il cappello. Ma io sono uno tenace, non mi arrendo: a forza di dare testate contro il muro, prima o poi il muro viene giù».
Anche per Melandri quella del Sachsenring era una gara delicata, perché dopo aver voluto e ottenuto di scambiare il capo-tecnico con il compagno di squadra Toni Elias, Marco doveva dimostrare che non si trattava di un capriccio. Il secondo posto, e come è stato ottenuto, conferma che si è trattato di una scelta azzeccata. «Antonio Jimenez (il nuovo tecnico) mi ha dato tranquillità, anche dopo il warm up nel quale eravamo in difficoltà».
Al resto ci ha pensato Marco. «Nellultimo giro - racconta - ho cercato in tutti i modi a passare Rossi, ma lui è stato bravo a chiudere le porte. Ho provato a superarlo in un punto impossibile, perché lui era più forte di me in fondo alla discesa dove solitamente si passa, ma sono solo riuscito ad affiancarlo. Dovevo anche guardarmi dagli attacchi di Hayden e Pedrosa, ma alla fine sono sempre gli italiani a fare la differenza». Non è riuscito a farla Loris Capirossi, quinto rallentato da gomme Bridgestone poco competitive.
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