Hunter S. Thompson, il grande scrittore americano che negli anni '60 ha inventato il gonzo journalism - un giornalismo che coniuga informazione, impressioni personali e artifici narrativi tipici del racconto - finalmente torna nelle librerie italiane con quello che può essere considerato il suo manifesto: La grande caccia allo squalo (da sei anni fuori catalogo per Dalai editore e ora riproposto da Bompiani, che sta pubblicando l'opera omnia). Sempre per Bompiani sono disponibili anche il romanzo più famoso del Dottor Gonzo, come amava farsi chiamare, Paura e disgusto a Las Vegas (da cui è stato tratto il celebre film di Terry Gilliam con protagonisti Johnny Depp e Benicio Del Toro), Hell's Angels (reportage su un anno vissuto pericolosamente assieme alla banda di motociclisti più temuti degli Stati Uniti) e Cronache del rum (romanzo in cui il protagonista lascia New York per trasferirsi a Portorico, finendo in una spirale di alcool, droghe e guai).
Un uomo e un giornalista che, come ha scritto Tom Wolfe in occasione della sua morte nel febbraio del 2005, ha fatto della propria vita e della propria opera «un lungo sbraito barbarico», un urlo di derisione per tutte le convenzioni che ha sempre combattuto sin dagli anni '60. Comportamenti estremi, a volte inspiegabili: a Tom Wolfe che voleva includerlo in un'antologia sui padri del New Journalism americano, rispose che non era «new», ma solo «gonzo». A chi gli rimproverava di essere soltanto critico e mai propositivo nei confronti del sistema rispose a suo modo: candidandosi nel 1969 a sceriffo della città di Aspen (già meta sciistica del jet set) con un programma elettorale che prevedeva mescalina libera per tutti e marijuana seminata nei giardini pubblici.
Al contempo Thompson è stato capace di raccontare, come in passato è riuscito solo a Mark Twain, la commedia umana americana. È stato tra i primi a intuire e a combattere, nella vita come nei libri, le falsità del sogno americano. L'adolescenza è a base di furti e atti teppistici; già a diciott'anni deve scontare trenta giorni di galera per un'accusa fasulla di violenza carnale. Da quell'episodio nasce in Thompson l'idea di sconfiggere a colpi di macchina da scrivere «quell'America che ha coltivato il sonnambulismo di massa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale», una società «dove anche le autorità supreme paiono aggrapparsi alle pagliuzze». Certo, Thompson ha contribuito non poco a creare la propria mitologia personale, restandone intrappolato. L'abuso di alcool, di droghe, l'amore per le armi... Passioni che lo hanno condannato, malgrado la grandezza, a essere un outsider della letteratura americana.
Lontano dal prendersela solo con presidenti e alte cariche democratiche, Thompson sottolinea come il vero problema siamo noi. Perché, quasi vivessimo in un moderno Circo Barnum, ci stiamo trasformando in freaks, in «scherzi della natura, pagliacci e belve feroci». Ne La grande caccia allo squalo (pagg. 342, euro 15, traduzione di Paolo Falcone) Thompson affronta i temi a lui più cari: lo sport e la politica. Come al solito, l'argomento trattato è un pretesto per affrontare questioni più ampie e dilungarsi sulle proprie esperienze. Pubblicati negli anni Settanta su Rolling Stone, su Playboy e sul New York Times questi reportage sono un indispensabile compendio di gonzo journalism e lo sfolgorante esempio della lucida follia del suo irriverente inventore.
La grande caccia allo squalo, che dà il titolo al volume e risale al 1979, è l'articolo di Thompson che più si avvicina a Paura e delirio a Las Vegas. Inviato da Playboy in Messico per documentare un torneo di pesca d'altura, decide di abbandonare l'incarico e di darsi ai bagordi: «Ne ho viste di oscenità in vita mia, dagli incontri di wrestling a squadre a Flomaton, Alabama, al Roller Derby sulla tv di Oakland passando dai tornei indoor di softball alla base dell'Air Force di Scott, Illinois. Ma che io sia dannato se ricordo qualcosa di più follemente e fottutamente barboso del Terzo Torneo Annuale Internazionale di Pesca di Cozumel. L'unica cosa recente che ci va vicino è quel pomeriggio dello scorso marzo, quando rimasi imbottigliato nel traffico sulla freeway di San Diego... ma persino quello al confronto è stato un evento adrenalinico. Dopo due ore, ero talmente incazzato che spezzai il volante della Mustang a noleggio, feci fondere la pompa dell'acqua portando il motore al massimo dei giri e infine abbandonai il rottame sulla corsia di sorpasso, a circa tre chilometri dall'uscita per Newport Beach». Il problema, però, è rientrare negli Stati Uniti con un grosso quantitativo di droga...
Nell'articolo Paura e delirio al Watergate, il direttore di Rolling Stone che ha commissionato il pezzo scrive come premessa: «Per ragioni indipendenti dalla nostra volontà il seguente articolo è stato tratto a partire da un malloppo di tre chili di carta, tra appunti, documenti, memorandum. Nel frattempo abbiamo sospeso il suo (di Thompson, ndr) assegno mensile e annullato la sua carta di credito.
In quattro giorni a Washington ha demolito due auto, ha sfondato una parete dell'Hilton, ha acquistato due corni francesi per 1100 dollari ciascuno e ha fracassato la vetrina di un ristorante turco». Questo è Hunther S. Thompson, rovinato da se stesso, ma capace come pochi di lasciarci capolavori di libertà che raccontano con decenni di anticipo il nostro presente politico e sociale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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