Cultura e Spettacoli

Huppert e Adjani non basta un palais per due Isabelle

Ripicche e invidie tra la presidente di giuria e la madrina di serata, rivali da trent’anni

Huppert e Adjani non basta un palais per due Isabelle

Cannes - Una premiazione, due Isabelle: la Adjani e la Huppert. Thierry Frémaux, direttore del Festival, aveva annunciato che l’Adjani avrebbe consegnato la Palma d’oro. Ma poi lei, qui premiata due volte come attrice, ha consegnato solo la Caméra d’or riconoscimento per l’opera prima. Che cos'è successo? Qui, sulla Croisette, si dice che la Huppert, presidentessa della giuria, ha manovrato per privare l’Adjani di questo momentino di gloria. Piccole rivalità e ripicche tra due grandi donne del cinema francese... Diversità che le due hanno voluto mostrare anche nel modo di vestire calcando la passerella rossa del Palais: la Adjani in un abito lungo scuro, la Huppert in bianco.

Il forte temperamento della presidentessa durante il Festival ha suscitato delle voci. Perfino un giurato pacifico come il regista James Gray avrebbe detto, esasperato: «Sarà la Palma della Huppert. È una tirannica str...». Avrebbero dovuta arginarla due giurate. Una, l’italiana Asia Argento, invece è stata perfino sgridata dalla Huppert per essere arrivata tardi: «Qui si lavora, non si balla», le avrebbe detto. E Robin Wright (sempre Penn, poiché Sean pare aver ritirato proprio nei giorni scorsi la domanda di divorzio) era fragilissima, quindi poco combattiva, dopo la crisi coniugale, tanto che quasi in permanenza la sosteneva uno psicologo.

Così gli organizzatori del Festival e i loro amici hanno passato giorni al telefono per trovare chi consegnasse la Palma d’oro al posto dell’Adjani: Mickey Rourke stava girando, Brad Pitt e Angelina Jolie erano ripartiti per gli Stati Uniti... Così la Huppert voleva consegnarla lei, e alla fine così è stato. E alla fine la Adjani si è ridotta a dire che, avendo già consegnato due volte la Palma d’oro, ora era lietissima di consegnare la Caméra d’or. Il premio per la migliore opera prima è andato a «Samson and Dalilah» di Warwick Thornton.

Ma da dove viene la rivalità fra le Isabelle? Storia lunga. Innanzitutto sono personalità opposte. Quando appare Isabelle Adjani (nata nel 1955), i media s’infiammano; quando recita Isabelle Huppert (nata nel 1953), si ammira, rispettosi, ma senza passione. Forse l’attrito fra loro è cominciato nel 1971, quand’erano esordienti ne I primi turbamenti di Nina Companeez. O nel 1979, quando giravano Le sorelle Brontë di André Téchiné e, dietro le quinte, i loro agenti cronometravano tutto. Un’Isabelle ha due minuti di battute? L’altra Isabelle dovrà averne altrettanti. È il contratto. Le sorelle Brontë: un set di attrici col coltello fra i denti. «Non ci sopportavamo», avrebbe poi ammesso Isabelle Adjani. «Téchiné ci voleva senza trucco. Ma c’era sempre una che, approfittando d’una disattenzione, si dava un’ombra di rimmel».

Le loro strade si sono incrociate spesso. A ventiquattr’anni, l’Adjani aveva già sbattuto la porta della Comédie-Française, dopo aver trionfato in Ondine di Jean Giraudoux. Vengono poi Lo schiaffo di Claude Pinoteau (1974), Adèle H. di François Truffaut (1975) L’inquilino del terzo piano di Roman Polansky (1976).

La Huppert è quasi coetanea, ma ha un fisico meno spettacolare: «Raggiunge il sublime nell’inespressività», diceva il suo mentore dell’epoca, Daniel Toscan du Plantier. La rossa s’è imposta nei ruoli meno glamour: I santissimi di Bertrand Blier (1974), La merlettaia di Claude Goretta (1976) e Violette Nozière di Claude Chabrol(1978). Strano scambio d’identità: di buona famiglia, laureata in russo, la Huppert recita da popolana. Nata in una casa popolare di Gennevilliers, figlia di un algerino e una tedesca, l’Adjani interpreta aristocratiche o ragazze modello. Pochi anni dopo la Huppert ha la parte a Hollywood nei Cancelli del cielo di Michael Cimino. La Adjani morde il freno, ma poi si rassicura: il film è un fiasco clamoroso.
Poi la situazione si capovolge: quando l’Adjani è accanto a Sharon Stone in Diabolique di Jeremiah Chechik, adattato dall’opera di Barbey d’Aurevilly, sembra prevalere sul terreno americano. Ma questo rifacimento del capolavoro (I diabolici) di Clouzot finisce sbeffeggiato.

A quasi quarant’anni dagli esordi, nonostante il ritiro dalla carriera dell’Adjani, appena tornata sugli schermi ne La journée de la jupe di Jean-Paul Lilienfeld, la lotta continua.

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