Cronaca locale

I capricci d’oro dei Longobardi

Narra la tradizione che la bella Teodolinda d'estate amasse lasciare Milano, allora capitale del regno, e rifugiarsi con il marito Autari a Monza. Alla regina longobarda, sempre secondo la leggenda, il capoluogo della Brianza deve il nome: desiderosa di erigere un tempio a San Giovanni Battista, Teodolinda si fermò in una piana attraversata dal Lambro dove apparve una colomba che disse "Modo" ("qui" in latino). Lei rispose "Etiam" ("sì"), e su quel luogo sorse la basilica che diventerà il nucleo primario dell'attuale Duomo di Monza. Dalle due parole pronunciate insieme ("Modoetia"), si suole far risalire l'origine del nome del capoluogo brianzolo.
La premessa è d'obbligo per cogliere l'importanza di un tassello di storia lombarda, ovvero l'epoca longobarda, troppo spesso sottovalutata e raramente protagonista di esposizioni pubbliche. La mostra "Petala Aurea" è una felice eccezione e ci aiuta a capire qualcosa di più della grande stagione longobarda e bizantina: nella cappella della Villa Reale di Monza da domani (fino al 16 gennaio, da martedì a venerdì dalle 15 alle 18, sabato e festivi dalle 10 alle 18, ingresso libero, catalogo Johan&Levi editore) è esposta una straordinaria collezione della più raffinata tradizione orafa altomedievale. Croci dorate, sottili lamine cesellate dalle sapienti mani degli artigiani della regina, e poi ancora brattee auree decorate, monili, placche ornamentali in metallo prezioso: il materiale esposto risale al periodo tra il VI e il VII secolo, dunque al cuore della dominazione longobarda sul nostro territorio, se pensiamo che Teodolinda fece edificare il tempio a San Giovanni proprio nel 595. "Petala Aurea" dimostra quanto la bellezza, la grazia e la raffinatezza appartenessero a una popolazione che di barbaro ha solo il nome che la storia le ha affibbiato. Si deve a Luigi Rovati, presidente della multinazionale Rottapharm|Madaus di Monza, la possibilità di ammirare questi artefatti: appartengono infatti alla sua ricca collezione privata, per la prima volta esposta in pubblico. Cultore delle arti e noto mecenate, Rovati sottolinea il valore affettivo che lo lega a questa raccolta: "Attraverso questi piccoli oggetti - racconta - che sono stati raccolti durante una vita e custoditi gelosamente sino ad oggi, ho potuto comprendere il legame affascinante che lega storia e arte".
Veri e propri "petali d'oro", come recita il titolo della mostra, questi manufatti sono frutto della migliore tradizione dell'oreficeria altomedievale: oggetti piccoli, talvolta piccolissimi ma, come osserva il curatore Marco Meneguzzo, di grande fascino. L'esposizione, promossa dall'assessorato alla Cultura del comune di Monza in partecipazione con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza e con il sostegno di Rottapharm|Madaus, ci riporta in un'epoca in cui la tradizione romana, seppur riletta secondo i filtri della religione cristiana, ma sempre acuta osservatrice della natura, prendeva a braccetto la sensibilità germanica, basata sull'astrazione e l'essenzialità.

Il risultato sono monili rifulgenti di luce, originale espressione di una cultura, tutt'altro che barbara, capace di conquistare l'Italia altomedioevale e di sedurci ancora oggi.

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