(...) un difetto: mi affeziono alla parola scritta, ai dati, allanalisi oggettiva. Ieri, leggendo sul Giornale il sondaggio Euromedia dedicato al «sindaco ideale» ho preso dalla giacca il portadocumenti. Dentro - come i miei collaboratori sanno bene - cè un ritaglio di giornale un po stropicciato. È custodito, là dentro, dalla primavera del 1997 e, ogni tanto, gli do una stiratina in riunione, davanti a tutti, magari quando si devono intraprendere scelte importanti. Sono 8 centimetri per 14 di carta ingiallita ma sono i miei «comandamenti». È un sondaggio molto simile a quello pubblicato ieri dal Giornale e chiedeva ai milanesi di elencare le caratteristiche del futuro sindaco.
Il 31,8 per cento dei cittadini voleva un sindaco onesto, il 18,6 concreto, il 14,3 manageriale, il 13,4 serio, il 10 entusiasta e con tanta voglia di fare. Sentivo che quello era il mio profilo, io volevo essere quel sindaco che i milanesi volevano.
Come diceva Nietzsche, «quando la virtù ha dormito si alza più fresca». Allora eravamo nel pieno di Mani pulite e Milano voleva riconquistare il ruolo di capitale morale dItalia, la società civile voleva riappropriarsi di un passato e di una tradizione che sentiva sue. E cera tanto, tantissimo da fare.
Dopo poche settimane da quella inchiesta si svolsero le «amministrative» e io venni eletto. Così, ieri, a otto anni di distanza, ho dato ai miei «comandamenti» lennesima stiratina, e li ho confrontati con il nuovo sondaggio. Da una parte le «mie» qualità pratiche, dallaltra le nuove richieste di qualità «etiche». Un quarto degli intervistati vuole per il 2006 un primo cittadino slegato da logiche di partito, quasi il 22 per cento un «tecnico» e non politico di professione ma, il 10 per cento, gradirebbe un politico di riferimento. E ancora un 10,3 per cento desidera che sia un buon imprenditore, il 10,5% con importanti esperienze alle spalle, quasi l11 lo vorrebbe come «riferimento culturale».
Ho così ripiegato il foglietto consunto e ho sorriso soddisfatto: i milanesi vogliono sempre che a guidare la città vi siano virtù morali, concretezza e managerialità. Poi, ho riletto il nuovo sondaggio: cera una figura nota e a me familiare dietro quelle domande e quelle percentuali, così come in quelle 10 righe del 1997, che sembravano la mia carta di identità.
Un «fogliettino», quel sondaggio di ieri, da ritagliare e da conservare a lungo, per almeno cinque anni.
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