da Roma
Autocritica, compagni. Ma fino a un certo punto. Le parole usate dal presidente Giorgio Napolitano per commemorare la tragedia delle foibe sradicano steccati e ottengono il consenso pressoché unanime dalle forze politiche. Dal ministro degli Esteri, Massimo DAlema, al leader dei verdi, Pecoraro Scanio; dal vicepremier Francesco Rutelli agli esponenti della Casa delle libertà. Frasi accolte con commozione da molti esponenti della destra, perché, spiega Ignazio La Russa (An), «la mia generazione ha tenuto duro per non dimenticare» e, grazie a Napolitano, «le parole non sono più pietre che cadono nelloblio». Anche Gianfranco Fini le definisce «molto belle» e ritiene ora «possibile avere una memoria condivisa da tutti».
Tutti o quasi, però. Perché nel coro bipartisan non manca qualche «stecca» da parte di sparute voci della sinistra più nostalgica. Il giovane responsabile esteri del Pdci, Jacopo Venier, per esempio, vuole trovare «la forza di opporsi al nuovo conformismo che oggi impone una lettura parziale e strumentale della drammatica storia del confine orientale». Il fenomeno delle foibe, dice Venier, «non può e non deve essere analizzato rimuovendo la ferocia razzista che i fascisti italiani scatenarono contro le popolazioni slave». Anche lex storico dellAnpi, ora capo dellorganizzazione del Pdci, Severino Galante, si adonta per qualsiasi tentativo di «memoria condivisa». «La memoria storica del nostro Paese cè già - sostiene -, ed è già scolpita nelle lapidi dei tanti partigiani morti per riscattare il Paese dalla dittatura fascista serva dei nazisti. Nessuno può far dimenticare la memoria dei crimini del fascismo e il fatto che proprio questi crimini sono allorigine della tragedia delle foibe».
Si sforza di «ristabilire la verità storica» il capo dei senatori prc, Giovanni Russo Spena che, pur apprezzando le parole di Napolitano, si scaglia contro «le strumentalizzazioni vomitevoli che vorrebbero farne oggetto di propaganda fascista». Nel ricordo del dramma, dice, «va considerato il clima e il contesto di quegli anni, nei quali cerano stati grandi massacri ed eccidi compiuti dai militari fascisti in alcuni villaggi balcanici e slavi». Va bene perciò «il clima di pacificazione storica, ma senza revisionismi».
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