Controcorrente

I contadini di montagna che danno la caccia ai semi antichi

Nella loro azienda agricola, ai piedi del Monte Rosa, coltivano 54 diverse varietà di patate: "È un business, ma anche cultura"

I contadini di montagna che danno la caccia ai semi antichi

C'è la Fläckler, detta anche buccia d'acero per il manto maculato, originaria del Canton Vallese; la Precoce di Prettigovia, selezionata dalle popolazioni Walser dei Grigioni; la Verrayes, una delle più antiche varietà conosciute in Val d'Aosta; la Walser Kartoffel, coltivata da secoli nelle valli intorno al Monte Rosa. «Oggi ne cresciamo 54 tipi, e hanno tutte caratteristiche diverse: colore, pasta, pezzatura. Alcune sono meglio se cucinate al vapore, altre rendono di più per il purè, altre ancora per il rösti o per il fritto».

Federico Chierico parla di patate come l'italiano medio discute di calcio: negli ultimi anni ha passato il suo tempo a riscoprire le varietà più rare e antiche. Le ha raccolte come uno storico appassionato di reperti preziosi e poi le ha seminate come un contadino, visto che sul tubero originario delle Ande ha creato un'azienda agricola. «Oggi le patate si comprano al supermercato e sono ovunque uguali, devono andare bene per tutto. E invece ognuna delle nostre ha la sua storia», racconta. «Pensi che qui a Gressoney una signora ci ha dato dei semi di una varietà particolare e ci ha detto che facevano parte del corredo di nozze della sua bisnonna. È un modo di riscoprire il filo che lega le generazioni, di tenere vive memorie che si tramandano da secoli».

«Paysage à manger», si chiama l'azienda di Chierico. A gestirla è lui insieme a Federico Rial, gressonaro puro sangue, un walser, come si chiamano i coloni di lingua tedesca arrivati da queste parti nel Medioevo. La loro è agricoltura di montagna, i campi che coltivano sono piccoli appezzamenti di terreno aggrappati ai pendii ripidi lungo il corso del Lys, dalla media valle di Fontainemore e Issime, fino ai 1.380 metri di altezza di Gressoney Saint Jean.

Per Chierico «Paysage à manger» è il compimento di un percorso: «Sono di Biella e il primo lavoro è stato quello di fisioterapista. Ma non mi piaceva e mi sentivo a disagio con le persone con cui lavoravo: dipendevano da me e non davo tutto quello che avrei dovuto. In più ho sempre sentito il bisogno della montagna, ho sempre cercato di stare in alto». La prima svolta è il trasferimento nella bassa Val'Aosta, ad Arnad; la seconda l'iscrizione a un secondo corso di laurea, un programma interfacoltà dal nome affascinante: Scienza e cultura delle Alpi, un incrocio inedito tra lettere, agraria e scienze naturali.

Finiti gli studi, il biellese diventato valdostano si avvicina al suo obiettivo di aspirante montanaro e diventa responsabile della Riserva naturale di Montmars, un parco bellissimo e poco conosciuto nella valle de Lys, nel comune di Fontainemore. Qui, in una casa isolata, si trasferisce con la moglie. «I miei sono sempre stati attaccati alla terra, anche se si sono dedicati ad altre attività. Io ho seguito la tradizione di famiglia: ho incominciato a coltivare i primi orti. L'ho fatto per me, per mangiare roba buona». Poi Chierico mette insieme un gruppo di amici che con lui condividono la passione per la montagna: Rita Gros, che in zona produce latte e formaggio e gestisce un agriturismo; Emanuele Panza, commercialista adottato dalla Valle d'Aosta, Roberto Ronco che ha imparato l'arte del casaro in Francia e dirige un azienda di specialità locali a Issime, Walser Delikatesse.

Il primo nucleo di «Paysage à manger» nasce così. È il 2014 e l'azienda è ancora poco più che un passatempo, una seconda attività visto che ognuno continua a fare il proprio lavoro. Ma Chierico spinge sull'acceleratore e l'incontro decisivo è quello con Rial, che ha studiato a Torino ingegneria per l'ambiente e il territorio, ma vuole tornare dove è nato. Oggi sono loro a detenere la quasi totalità dell'azienda, mentre agli altri soci sono rimaste quote poco più che simboliche. Uno, Chierico, è il braccio operativo e la «voce narrante», l'altro, Rial, è lo «stratega» che si occupa, oltre che della parte agricola in senso stretto, anche di ricerca e innovazione. Grazie alla Fondazione Garrone partecipano a un campus, RestartAlp, per la creazione di nuove imprese nel mondo alpino e impostano l'azienda come fosse una startup tecnologica. «Per la ricerca delle varietà più rare ci siamo appoggiati molto a una Fondazione svizzera che si chiama Pro Specie Rara, che da 50 anni si dedica alla riscoperta e al recupero di specie vegetali o animali quasi scomparse», racconta Chierico. Oltre che delle patate si occupano anche di altri ortaggi e legumi. «Per esempio puntiamo su una specie quasi dimenticata che da queste parti chiamano rutabaga, è il cavolo navone, che è in realtà è un incrocio tra cavolo e rapa. Tra i suoi meriti, molto apprezzati negli inverni di una volta, c'era quella di conservarsi perfettamente nei fienili per tre o quattro mesi senza perdere le sue qualità». Poi ci sono i legumi da farina: «Sono specie sconosciute ai più ma da queste parti avevano una funzione importante, venivano seccati e fornivano grandi risorse proteiche anche sotto forma di polente».

L'attenzione per altre specie consente all'azienda agricola di diversificare la produzione nelle varie stagioni, ma il «core business», come direbbero gli esperti, restano le patate. «Coltivare varietà particolari ci consente di rimanere economicamente competitivi anche su dimensioni piccole. E da questo punto di vista il fatto di essere in montagna ci dà dei vantaggi. Anche d'estate a 1.300 metri le temperature notturne scendono intorno agli 8/9 gradi. Nei tuberi questo fa crescere la parte zuccherina e rende la patata più sostanziosa e saporita. Chi lavora nel campo dell'alta cucina apprezza le sfumature: le assicuro che i purè fatti con alcune delle nostre varietà più ricercate sono inconfondibili».

Anche per questo «Paysage à manger» ha iniziato di recente ad allargare i suoi mercati di distribuzione. Prima l'azienda riforniva negozianti e ristoranti della zona, da qualche tempo arriva fino in Alto Adige, dove alcuni chef, anche stellati, hanno iniziato ad apprezzare i tuberi valdostani. Ma di questo Chierico non parla volentieri: «È presto, dobbiamo prima consolidare i rapporti.

Le nostre patate hanno ancora molta strada da fare».

Commenti