I detenuti Scatenati vanno a teatro

Riccardo Re

Un esortativo: «scaténati», un auspicio a lasciarsi andare, ad assaporare quella piena libertà di cui i detenuti non possono godere. O un aggettivo: «scatenàti», perché gli interpreti di questa commedia saranno privi di imbrigliature di alcun genere, senza maglie, recinzioni, per riuscire a esprimere e trasmettere le emozioni di uno spettacolo sicuramente particolare.
A ogni modo, a essere «Scatenati» saranno 14 detenuti della casa Circondariale di Marassi che dopo mesi di prove assaporeranno un po’ di libertà per interpretare uno spettacolo che andrà in scena venerdì 5 e sabato 6 al teatro Modena alle 21. Le scuole invece, potranno assistere allo spettacolo sabato 6 e lunedì 8 alle 11, sempre al teatro Modena. Detenuti che fanno parte del gruppo che ha partecipato a un corso di grafica organizzato dall’istituto scolastico Vittorio Emanuele-Ruffini. Da qui, come spiega il dirigente scolastico e responsabile del progetto Armando Fossati è nata l’idea di uno spettacolo «perché sia la grafica sia l’attività teatrale sono modi per esprimere se stessi». Un progetto difficile da realizzare, nato da materiale «grezzo», messo insieme con le confidenze, le storie che i detenuti sono riusciti a raccontare e scrivere nei primi mesi di prove. Storie personali, vissute in prima persona e che per questo offrono un qualcosa in più, di più autentico allo spettacolo. Un teatro detto «riabilitativo», parola che fa arrabbiare il regista Sandro Baldacci, che è convinto come questo spettacolo abbia raggiunto «la vera originaria dimensione teatrale che oggi è diventata un po’ troppo borghese», per così dire radical chic.
Si è parlato anche di un «laboratorio integrato», perché oltre ai detenuti ci saranno quattro giovani attori, studenti del corso di Laurea in Dams dell’università di Genova. Tra i più emozionati e orgogliosi erano proprio loro, i quattro ragazzi: Emanuele Morandi, Victor Mella, Sara Cuccu ed Erika Barfaldi che confessano come i detenuti, chi più chi meno, si siano aperti, sfogati e abbiano raccontato anche a loro le loro personali disavventure, i propri crimini, aprendosi a quella cultura delle diversità che veniva integrata a valori nuovi, promotori di una crescita culturale sia per i detenuti sia per tutti gli spettatori. Di crescita culturale ha parlato anche Salvatore Mazzeo, direttore del carcere di Marassi e l’altro indispensabile responsabile del progetto. Mazzei infatti ha spiegato come questa esperienza sia servita ai detenuti per «trovare valori positivi e per favorire una stimolante convivenza civile». Anche per questo, il direttore del carcere ha anticipato il progetto di un’apertura di un teatro «stabile» all’interno delle mura carcerarie, in cui in un futuro - non si sa quanto lontano - il pubblico potrà entrare direttamente nelle carceri avvicinando così il mondo esterno a quello carcerario «che non dovrebbero mai rimanere staccati l’uno dall’altro».
Le difficoltà pratiche sono state ovviamente numerose. I detenuti rei di ogni genere di crimine non sempre hanno beneficiato di tutti i permessi e uno di loro per esempio non potrà prendere parte allo spettacolo. Ma anche dal punto di vista artistico non è stato facile visto che da ottobre a oggi, a causa di trasferimenti e permessi revocati e uscite dal carcere non si è riusciti a lavorare sempre con lo stesso nucleo di persone. Uno spettacolo che vedrà protagonista anche la musica, elemento distensivo, capace di favorire l’esplosione dei sentimenti degli interpreti. Una storia ambientata in una nave, metafora «della condizione carceraria ma al contempo occasione di libertà», di un mondo che si vede attraverso gli oblò ma di cui ci sente ancora protagonisti. Un viaggio in avanti, verso il futuro.

Di questo viaggio farà parte anche una bambina di 10 anni, che in questi mesi è entrata tra le mura del carcere per provare assieme ai detenuti e gli studenti, portando una fondamentale energia, capace di spingere il gruppo verso un futuro in cui è un po’ più facile sperare.

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