I fedelissimi scettici: «Da soli? Ma che siamo matti?»

RomaFilippo Berselli, senatore finiano, ci scherza pure su: «Guardi, io sono amico di Fini ma escludo che possa avventurarsi in questa sciagurata ipotesi del gruppo autonomo. Ma siamo matti?». Eppure l’ha detto eccome il presidente della Camera. L’ha minacciato esplicitamente durante il pranzo dell’ultimatum con Berlusconi. «Sì l’ha detto ma non lo farà mai - giura Berselli -. E guardi che io sono amicissimo di Gianfranco, teniamo pure al Bologna tutti e due». Un avvertimento, quello finiano, che sa di pistola scarica anche perché «alla Camera non lo so ma in Senato non ci sono i numeri. Dicono 15? Ma va là. Al massimo nove, forse dieci. Ma non è una questione di numeri, mi creda. È una questione politica». Berselli spiega: «Magari a fare un gruppo autonomo ci si riesce anche, tirando in mezzo qualcuno del gruppo misto o dell’Udc ma poi? Cosa vuol dire voteremo sì ai provvedimenti del programma di governo e agli altri valuteremo caso per caso? Ma siamo matti? Si andrebbe diritti alle elezioni anticipate, un vero e proprio suicidio». Avvocato, ex missino, bolognese, in politica dal lontano 1980, Berselli non si sente «ex»: «Vogliamo metterci in testa che noi siamo Pdl o no? I nostri elettori ci vogliono pidiellini, insieme. E siamo stati eletti per essere Pdl». Lui, assieme ai colleghi Pierfrancesco Gamba, Antonino Caruso e Domenico Gramazio, appena sentita l’ipotesi del gruppo autonomo aveva detto che no, non ci sarebbe stato: «Noi facciamo parte del Pdl, lavoriamo per il Pdl e abbiamo sposato con convinzione il progetto del Popolo della libertà».
Stesso scetticismo sulla sciagurata ipotesi del «Pdl-Italia» per il deputato-paracadutista Gianfranco Paglia, medaglia d’oro al valor militare. Il quale è legato da una «profonda e lunga amicizia con Gianfranco: è lui che mi ha chiesto di entrare in politica». Anche lui si augura che lo strappo definitivo non avvenga mai: «Non conviene a nessuno. Si possono fare cose importanti in questa legislatura, perché rischiare di mandare tutto a monte? Sarebbe un vero peccato. Ma sono sicuro che alla fine Fini e Berlusconi troveranno la quadra». Sarebbe in imbarazzo se Gianfranco gli chiedesse di seguirlo: «Sì, magari lo farei: per riconoscenza nei suoi confronti. Ma se mi accorgessi di non riuscire più a far qualcosa di buono per il mio Paese, be’... Non ci metterei molto a togliermi giacca e cravatta per tornare ad indossare un’uniforme». Poi, però, precisa: «Fini, sulla Lega, fa un discorso giusto. E guardi che io ho il massimo rispetto per quelli del Carroccio: raccolgono ciò che seminano, quindi tanto. E, a mio avviso, Maroni è il miglior ministro dell’Interno degli ultimi trent’anni. Però non ho mai sentito Berlusconi criticare la Lega, nemmeno quando Calderoli è andato da Napolitano con la bozza di riforma costituzionale».
Neppure gli alemanniani, che alla Camera sono una quindicina e in linea teorica condividono la critica allo schiacciamento del Pdl sulle istanze del Carroccio, se la sentirebbero di seguire Gianfranco in una partita solitaria.

Gli onorevoli Giovanni Dima, Mario Landolfi, Marcello Taglialatela, Aldo Di Biagio, Francesco Biava, Barbara Saltamartini, Vincenzo Piso ed Edmondo Cirielli si augurano che tra i due «torni presto il sereno. Lo vogliono i nostri elettori».

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