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I figli di Silvio: "Niente monarchia, non faremo politica"

Fininvest: "L’impegno di Marina? Illazioni dei giornali, non c’è nulla di vero". Pier Silvio loda la concorrenza Rai: "Fazio e Saviano? Bel risultato, complimenti"

Roma L’Italia non corre il ri­schio di una monarchia della fa­miglia Berlusconi. Ad affermar­lo è stato il vicepresidente di Mediaset, Pier Silvio Berlusconii, interpellato sulla possibili­tà, ventilata a più riprese dai me­dia negli ultimi giorni, che i due figli maggiori del presidente del Consiglio ne seguano le or­me non solo nel business ma anche in politica. «Non c’è nulla divero.Si trat­ta di semplici illazioni che non sono mai esistite», ha ribadito il gruppo Fininvest, attraverso una nota.La discesa nell’agone politico del presidente Marina Berlusconi ( nella foto ) è un’ipo­tesi destituita di fondamento. Precisazione che ha lo scopo di preservare dalla speculazione le controllate quotate in Borsa (Mediaset,Mondadori,Medio­lanum) che nelle ultime sedute hanno subito una penalizzazio­ne «politica». I rumors sono stati alimenta­ti sia da alcuni riferimenti co­me quelli del ministro dell’Am­biente Prestigiacomo che ave­va definito l’ entrée politica di Marina «una bellissima novi­tà », sia dalle prese di posizione del presidente di Fininvest che ha più volte rotto il tradizionale riserbo per difendere il genito­re dalle accuse strumentali mossegli dall’opposizione, Fi­ni incluso. Ieri è stato Pier Silvio Berlusconi a fare chiarezza. «Non c’è assolutamente»un ri­schio monarchia nel nostro Pa­ese, sono considerazioni che fanno ridere», ha detto riferen­dosi all’ironia di basso rango del Pd e dell’Idv. «Marina - ha aggiunto - non ha la volontà di entrare in politica, vuole solo es­sere vicina a mio padre». Idem per quanto lo ri­guarda: «La poli­tica non mi inte­ressa. Assoluta­mente ». Anche Pier Sil­vio Berlusconi non è aduso a queste dichiara­zioni. General­mente si espri­me sull’anda­mento dei ricavi e sulle strate­gie per affrontare la concorren­za di Rai e di Sky. Cosa che ha fatto anche ieri con i «compli­menti » alla tv pubblica per il «bel risultato» di Vieni via con me ricordando che «il program­ma di Fazio e Saviano è della En­demol (gruppo Mediaset, ndr ) che ne segue la produzione» e che «la trasmissione è andata molto bene perché se ne è parla­to molto sui giornali e ha acce­so l’attenzione del pubblico». Insomma, ai giovani studenti ha spiegato come il marketing sia importante an­che in televisio­ne. Le turbolenze borsistiche (in cinque sedute il ti­tolo ha lasciato sul terreno il 15% nonostante una buona trimestra­le), però, hanno convinto anche il vicepresidente a uscire allo sco­perto. A Piazza Affari, ha sottoli­neato, «pesa di più la situazio­ne politica» che non i conti dei primi nove mesi dell’anno.Cer­to, ci sono pure i timori di una recrudescenza della crisi, ma la verità è una sola:l’instabilità p­o­litica e i timori di una caduta del governo Berlusconi inducono gli investitori a pensare che un esecutivo del«ribaltone»mette­rebbe in atto una vendetta nei confronti delle aziende che fan­no capo al premier. «Mediaset e quindi i suoi azio­nisti- ha rilevato Pier Silvio Ber­lusconi riprendendo i concetti già espressi da Fedele Confalo­nieri - non devono temere un cambio della politica o una di­versa ipotesi rispetto al gover­no che c’è ».Penalizzare un’im­presa che dà «lavoro a circa 6 mila persone più l’indotto» sa­rebbe pura follia. «Siamo un’azienda sana,che ha creato lavoro e sarebbe miope non considerarlo»,ha concluso Ber­lusconi. Marina e Pier Silvio continu­e­ranno dunque a occuparsi del­le imprese del gruppo. Ma la ri­solutezza mostrata da entram­bi lascia intuire che nuovi attac­chi, politici e non, al Cavaliere continueranno a trovare una pronta replica. Come nel caso dell’ultima intemerata del«bri­gadiere » finiano Bocchino che nell’ultima puntata di Annoze­ro non trovò di meglio che scherzare sulle intenzioni del premier di destinare Palazzo Chigi ai suoi eredi.

«Una battu­ta di pessimo gusto», rispose Marina aggiungendo che «mio padre di case ne ha già abba­stanza, e se le è pagate con il frut­to del suo lavoro e con i suoi sol­di, e non con quelli dei propri elettori e del partito». E facendo fischiare le orecchie a qualche membro di casa Tulliani.

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