I genitori «Non ci hanno avvisati subito, non è giusto»

È una scuola frequentata da molti stranieri, l’elementare Alfredo Cappellini di via Giovanni Battista De Rossi. Insieme agli italiani ci sono filippini, nordafricani, sudamericani. Fa parte della Direzione didattica statale Benedetto Marcello, un istituto onnicomprensivo dove, nei vari distaccamenti, si recano anche molti ragazzini rom . Luca veniva accompagnato a scuola ogni giorno dalla zia che sembra sia anche l’unica in famiglia a parlare italiano. Ed è stata proprio lei, nel tardo pomeriggio di ieri, quando la preside Carla Daverio è tornata in via De Rossi, a chiederle un colloquio privato. I genitori del piccolo, invece, sono andati al capezzale del loro bambino all’ospedale Niguarda accompagnati da un’interprete. Nonostante siano in Italia da otto anni, infatti, non parlano bene la nostra lingua e non sapevano come comunicare con i medici.
Ieri pomeriggio la privacy, ma soprattutto il dolore di questa povera coppia è stata protetta dalla polizia. Che non ha permesso ad alcun estraneo di oltrepassare i limiti della sala di rianimazione dove Luca giace in coma, intubato.
La coppia ha rifiutato l’aiuto di una mediatrice culturale inviata dall’assessorato comunale alle Politiche Sociali. E hanno mantenuto un composto silenzio rotto solo quando sono arrivati i parenti. A quel punto hanno dato sfogo alla loro rabbia: «La scuola non ci ha avvertito immediatamente e siamo arrivati tardi in ospedale.

Inoltre non ci hanno ancora spiegato come sono andate veramente le cose: vogliamo sapere quello che è successo veramente a nostro figlio, come sono andate le cose. Non è giusto che la scuola abbia trattato noi, che siamo i genitori, in questo modo».

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