I giornalisti italiani «arruolati» dai servizi segreti inglesi

Anche la mitica «piazza», quella dove si urlava a squarciagola contro lo Zio Sam e la sua bulimia di potere che solcava a mille nodi orari le acque dell’oceano (ah, il Patto Atlantico, che marea di proteste stava suscitando...) non l’aveva capito. Ma quali Stati Uniti, i veri sorveglianti (severi, arroganti, e anche un tantinello golpisti) dell’Italia libera e democratica erano gli inglesi.
È questa la tesi, suffragata da molti documenti desecretati dagli archivi londinesi di Kew Gardens, contenuta in Il golpe inglese, il saggio in uscita scritto da Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella edito da Chiarelettere. «Da Matteotti a Moro: le prove della guerra segreta per il controllo del petrolio e dell’Italia», strilla il sottotitolo. Ovvero, mezzo secolo di... protettorato rigorosamente made in England sui nostri delicatissimi e costosissimi «affari interni». Troppo filoaraba e addirittura terzomondista era ritenuta la politica dei vari Mattei, Gronchi, Moro e Fanfani. E troppo preziose le vene di oro nero per lasciarle in mani ben poco fidate. E poi c’era quell’altro pericolo, il pericolo rosso, con i comunisti ammansiti dalle inopportune carezze democristiane... Dunque, urgeva un capillare piano di controllo che andasse ben oltre i confini ufficiali della diplomazia e delle buone maniere. Così un apposito dipartimento del Foreign Office si mise al lavoro, arruolando il fior fiore degli intellettuali e dei giornalisti che potessero «correggere» la rotta dell’opinione pubblica. Arrigo Levi e Domenico Bartoli, Mario Missiroli e Paolo Murialdi, Luigi Albertini e Jader Jacobelli, Gaetano Afeltra, Luigi Barzini e Norberto Bobbio. Sono questi i personaggi di maggior spicco finiti nei faldoni dell’Ird (Information Research Department) in qualità di informatori e «termometri» di un’Italia malata. Una malata contagiosa, fra l’altro.
Accanto a loro, due altri pezzi grossi da tempo molto vicini ai servizi segreti britannici: l’ex partigiano monarchico Edgardo Sogno e l’ex comandante repubblichino della Decima Mas Junio Valerio Borghese. E quando, nel ’76, il Pci entra nel salotto buono del governo, accolto da un maggiordomo chiamato «compromesso storico», si arriva a progettare un golpe in piena regola. «È interesse della Gran Bretagna fermare l’avanzata comunista in Italia con ogni mezzo a nostra disposizione», scrive da Roma Martin Morland, dell’Ird, il 28 aprile 1976. Ma poi si preferisce manovrare nell’ombra, con una diffusa «azione sovversiva». Ed ecco il terrorismo, gli anni di piombo, il Paese allo stremo.

Già allora sarebbero apparse profetiche, a chi le avesse conosciute, le parole con cui Winston Churchill si rivolse al delegato di papa Pio XII nel novembre del 1945: «L’unica cosa che mancherà all’Italia è una totale libertà politica».

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