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I guai di De Benedetti: le televisioni in rosso

Nel 2004 ha investito 115 milioni di euro per realizzare il sogno del polo televisivo "democratico, da All music a Repubblica.tv. Oggi quei canali perdono 10 milioni l'anno. Lui licenzia e cerca di vendere

I guai di De Benedetti: 
le televisioni in rosso

La favola di Carlo De Benedetti editore televisivo si sta trasformando, giorno dopo giorno, in una piccola grande tragedia. Deficit in crescita, licenziamenti, proteste del personale. Le emittenti del Gruppo Espresso, da All Music a Deejay Television a Repubblica.tv, che avrebbero dovuto rivoluzionare il sistema televisivo italiano, sono in piena crisi economica e di contenuti. E l’Ingegnere senza macchia non sa più come disfarsi dell’ingombrante fardello, una zavorra da quasi dieci milioni di deficit l’anno. Mediobanca è da diversi mesi alla ricerca di un compratore per quei canali di musica, news e interviste. Ma finora non si è fatto avanti nessuno. E i solitamente agguerriti manager della Banca d’affari si passano le mani tra i capelli, sempre più scoraggiati. Lo stesso scoramento che serpeggia negli uffici del Gruppo Espresso.

Tutto era cominciato con grandi ambizioni nel dicembre 2004 quando, grazie alla bistrattata legge Gasparri, De Benedetti aveva acquistato dall’editore Alberto Peruzzo per 115 milioni le frequenze di Rete A. Entriamo nel grande business della Tv, era stato il manifesto debenedettiano, e mostriamo a tutti come si fa una televisione moderna, pluralista, soprattutto democratica. Obiettivo: realizzare in tre anni un utile operativo del 30 per cento. Entusiasmo e ottimismo andavano a braccetto nelle stanze del Gruppo in grado di fornire le sinergie giuste grazie alla redazione di Repubblica e al know how di Radio Deejay capeggiata da Linus. Sarebbe stato uno scherzo da ragazzi, o quasi.

I dirigenti meno ragazzi, avrebbero potuto ricordare com’era andata vent’anni prima quando, dopo aver voluto sfidare Canale 5 con Retequattro, Formenton e Leonardo Mondadori avevano dovuto venderla in tutta fretta alla Fininvest, prima che trascinasse nel baratro il resto della Mondadori. Cosa accaduta un paio di anni prima con l’Italia 1 targata Rusconi. Invece no, la lezione di democrazia incombeva e quella della storia veniva obliterata.

A dirigere All Music viene chiamata Elisa Ambanelli, un passato in Mediaset e Endemol, che trasforma la vecchia Rete A in una tv giovanile, lanciando nuovi personaggi. Il palinsesto schiera al mattino da Deejay chiama Italia con Linus e Nicola Savino ripresi dalla telecamera (come avviene tuttora), all’ora di pranzo i servizi di Repubblica.tv e al pomeriggio-sera i video e le interviste rivolti al pubblico più giovane. Poi, sebbene la famigerata bolla di Wall Street fosse ancora fantascienza, pian piano, le risorse iniziano a scarseggiare, i budget a ridursi, le innovazioni a diminuire. E ci si accorge di soprassalto che la Rete A di Peruzzo aveva un fatturato pubblicitario superiore a quello della gestione targata Espresso. Così, chi chiacchiera con l’Ingegnere senza macchia della sua fresca avventura televisiva comincia a trovarlo perplesso, se non contrariato. Fosse per me - si sfoga - Repubblica a parte, mi disferei di tutto e salverei solo le radio, le uniche che danno utili veri. Nel luglio 2008 la Ambanelli dà le dimissioni e, mentre viene incaricata Mediobanca di trovare un nuovo editore, iniziano i primi tagli del personale, una trentina di addetti alla produzione lasciati a casa e non, come loro auspicano, riciclati nel grande gruppo editoriale. Ora, con il progressivo passaggio al digitale terrestre, l’affare si complica ulteriormente. E ci si trova di fronte a un dilemma. Vendere o investire ancora per essere competitivi in un business più sofisticato che già ha prodotto pesanti bilanci in rosso? Con lo switch off - che sarà completato nel 2012, ma è già stato avviato in Sardegna, Piemonte Val d’Aosta e Trentino Alto Adige - la frequenza di una rete analogica si trasformerà in un multiplex di cinque canali digitali. Nelle regioni dove il passaggio è già avvenuto, All Music ospita Repubblica.tv, mentre altri due canali sono stati affittati agli editori stranieri di France 24 e Second Tv. Una volta completata l’operazione digitale terrestre, saranno disponibili molti più canali multiplex e i 150 milioni di euro che, in partenza, l’Ingegnere senza macchia avrebbe voluto incassare dalla vendita delle sue tv, stanno diventando un miraggio. Così, i manager di Mediobanca continuano a lavorare alacremente. Qualcuno vocifera che siano stati contattati i vertici della News Corp di Murdoch. Qualcun altro fa il nome di Francesco Nespega, editore dei canali per ragazzi Jetix e Gxt. Sembra che, nonostante la Gasparri lo impedisca, siano stati contattati anche gli uomini di Mediaset. Ipotesi, sussurri.

Come quello che vorrebbe anche Silvio Berlusconi piuttosto tiepido alle insistenti richieste di De Benedetti di aiutarlo a risolvere la grana delle sue televisioni in passivo.

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