I medici assolvono il «dottor Morfeo» di Welby

da Cremona

Assolto all’unanimità. I quattordici medici della commissione di disciplina hanno archiviato il caso di Mario Riccio, l’anestesista rianimatore che ha staccato la spina a Piergiorgio Welby. Il medico cremonese non ha violato il codice deontologico. Andrea Bianchi, presidente dell’Ordine dei medici di Cremona, ha ripercorso ieri punto per punto le tappe dell’istruttoria preliminare che si è conclusa l’altra notte, al culmine di due sedute di tre ore e mezza ciascuna. E ha annunciato la sentenza: il collega che ha accompagnato verso la morte il paziente affetto da distrofia muscolare non ha posto in essere «alcun atto eutanasico». Bianchi lo ha sottolineato parlando delle colonne portanti del verdetto: «Una cosa è infliggere la morte con una pratica medica, un’altra è interrompere un trattamento su richiesta del malato».
Riccio, in sostanza, ha esaudito «la volontà espressa ripetutamente e lucidamente da una persona perfettamente capace di intendere e di volere». Welby, malato dall'età di 18 anni, è morto lo scorso 20 dicembre, poco prima del sessantunesimo compleanno. Riccio lo aveva sedato e, contestualmente, aveva interrotto l’attività del respiratore che lo teneva in vita. «Non c’è differenza - ha precisato Bianchi - fra il rifiuto di iniziare e la volontà di interrompere una terapia». Il medico cremonese è soddisfatto della decisione presa all’unanimità: «Spero che Riccio venga completamente dimenticato, ma il caso Welby no, quello mi auguro che rimanga aperto». Assolto sì, ma anche criticato. I consiglieri dell’Ordine hanno espresso perplessità sulla spettacolarizzazione del caso. Dito puntato, inoltre, sul fatto che il collega abbia agito al di fuori della «normale relazione medico paziente». E cioè di un rapporto duraturo.
La procura di Roma, intanto, acquisirà il provvedimento cremonese nell’ambito del fascicolo aperto dopo la morte di Welby, aprendo così la strada a un’archiviazione anche dal punto di vista penale. I risultati dell’autopsia disposta dai magistrati dovrebbero essere resi noti alla fine del mese. La notizia ha scatenato reazioni a catena. Vincenzo Saraceni, presidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani, si è detto sorpreso: «La decisione non risolve i problemi, perché dobbiamo chiarire se si è trattato di eutanasia o no». Categorico il giudizio del responsabile nazionale di An per le politiche della famiglia, Riccardo Pedrizzi: «Altro che archiviazione: per noi meritava la radiazione».
Da Parigi, invece, Marco Pannella si è detto «molto felice», soprattutto per l’unanimità della decisione. Il presidente dell’Ordine di Cremona ha lanciato un appello a nome dei colleghi: «Auspichiamo che gli italiani trovino un punto di equilibrio attraverso una legge sul testamento biologico». Un’esigenza di cui ha parlato anche il presidente della Commissione sanità di Palazzo Madama Ignazio Marino: «Rimane ampio il vuoto legislativo sulle questioni legate alla fine della vita nei pazienti che hanno perso l’integrità intellettiva e, quindi, si conferma la necessità di una legge contro l’accanimento terapeutico e sul testamento biologico».

Mette in guardia da una strumentalizzazione da parte della sinistra radicale Domenico Di Virgilio, capogruppo di Forza Italia della commissione Affari sociali della Camera e responsabile nazionale del dipartimento sanità di Forza Italia: «Questa assoluzione non dev’essere considerata un precedente per sospendere sempre e comunque i trattamenti sanitari dei pazienti con patologie croniche, anche inguaribili».

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