Augusto Minzolini, direttore del Tg1, è una vita che suscita l'invidia e la gelosia dei colleghi. Il motivo è banale: è stato, ed è, il più bravo, scaltro e veloce dei reporter di palazzo. Ha inventato un genere, il retroscena non autorizzato, che ha cambiato il volto del giornalismo politico. A suon di scoop divenne il preferito di direttori come Ezio Mauro e Paolo Mieli. E infine, mal lo incolse, affascinò col suo anticonformismo anche Silvio Berlusconi che lo ha voluto al Tg1 (così come Prodi impose prima Gad Lerner e poi Gianni Riotta). Minzolini oggi è un direttore braccato da colleghi frustrati in cerca di vendetta. Lo vogliono far dimettere per una vicenda ridicola.
Al momento dell'assunzione, lui e la Rai si accordarono per integrare lo stipendio (più basso di quello del suo predecessore) con il benefit di maggiori rimborsi spese. Un patto privato, comune in molte aziende, che al massimo può essere contestato fiscalmente. E invece no. Nonostante la Corte dei conti lo abbia già assolto, ieri un pm ha chiesto il suo rinvio a giudizio per uso improprio della carta di credito aziendale.
In questa vicenda, di improprio c'è ben altro: l'odio di colleghi mediocri che arrivano a manipolare i dati di ascolto del Tg1 pur di fare fuori, per motivi politici, un giornalista di centrodestra. È il momento, dentro e fuori la Rai, di non farsi distrarre.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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