Una mostra e un libro per ricordare la personalità dai mille volti di Alik Cavaliere (Roma, 1926 - Milano, 1998), poeta, filosofo, umanista e scultore. Alla conferenza, avvenuta all'Accademia di Brera, Arturo Schwarz, l'autore, ha esordito dicendo che dopo aver raccolto informazioni preziose su libri, tesi di laurea, appunti, quaderni dello stesso artista, ha iniziato il suo racconto testuale partendo dalla biografia rocambolesca di Alik, in quanto ebreo errante. La parola preferita da Alik Cavaliere era la libertà, come lui stesso, afferma. La sua fu: «Una protesta continua ma garbata». Alik si è ispirato realizzando le sue opere e scrivendo i suoi taccuini sia a fonti classiche del pensiero filosofico, come Spinoza, Campanella, Eraclito, Epicuro, sia alle correnti delle avanguardie storiche: espressionismo, dadaismo e surrealismo. La stagione espressionista è particolarmente evidente nella sua fase artistica che va dal 1954 al 1967, chiamata del realismo, dapprima detto figurativo, poi sociale, neo-realistico, nuovo umanesimo e infine inventato. Nel 1969 iniziò per l'artista il tempo delle installazioni, di interagire con lo spazio, con i suoni, con la ricostruzione di oggetti, con le fotografie; è il tempo del «teatro scultura», o spettacolo-scultura.
«Potremo concepire un'opera - come afferma Alik - che ci permetta di essere ammirata dall'esterno, (come un monumento) e che ci permetta, al tempo stesso, di entrare all'interno di essa».(Fino al 6 marzo, allo Spazio Mudima, Via Tadino 26).
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