I parenti: «Sono eroi hanno dato la vita per salvare gli altri»

da Bari

Li hanno tirati fuori quando ormai non c’era più niente da fare, li hanno adagiati per terra e coperti con i lenzuoli bianchi, uno accanto all’altro nel piazzale dell’azienda Truck center, un angolo della zona industriale di Molfetta dove parenti e amici adesso versano lacrime di disperazione per la tragica fine di quattro operai pronti a sacrificarsi nel tentativo di aiutarsi uno con l’altro e tirarsi fuori da quella trappola mortale.
Il primo a cadere è stato Guglielmo Mangano: aveva 44 anni, era di Andria, sposato e padre e di due figli. Era appena sedicenne quando aveva cominciato a lavorare: era un operaio esperto, forse ha perso l’equilibrio ed è precipitato all’interno, dove è stato avvolto dalle esalazioni di zolfo. «Lavorava qui solo da otto mesi - racconta la cognata - ma si sentiva come in famiglia: era contento, alla Truck center sono tutte brave persone, gli volevano bene come a un figlio». La moglie, Addolorata, si dispera al di là del cancello dell’azienda presidiato dai carabinieri. «Perché mi hai lasciato?», ripete, in stato di choc, la testa tra le mani.
Tra le vittime c’è anche il titolare dell’azienda, Vincenzo Altomare, 64 anni, molto conosciuto a Molfetta. Ha sempre lavorato nel settore dei trasporti, da un anno aveva deciso di diversificare le attività e aveva aperto l’autolavaggio per le cisterne. Era padre di tre figli, due di loro erano in viaggio per lavoro quando hanno saputo della tragedia: sono subito rientrati e sono accorsi alla Truck center, dove c’è anche Mariella Farinola, zia di Luigi Farinola, 37 anni, di Molfetta. «Era un gran lavoratore», dice la donna. «Era molto scrupoloso e attento; se è sceso senza maschera lo ha fatto per salvare gli altri, è stato un ultimo gesto da eroe». Farinola era stato assunto prima di Natale. Era sposato, padre di una figlia di sei anni, la moglie, Giulia, è al quarto mese di gravidanza. «La gioia della sua vita - racconta ancora la zia - era la bambina, che lo aveva reso molto responsabile: il prossimo figlio sarebbe stato un maschietto, era felice». Il più giovane dei quattro si chiamava Biagio Sciancalepore, aveva 22 anni, era di Molfetta. Anche lui è morto per salvare il collega.
L’unico sopravvissuto è Michele Tasca, le sue condizioni sono gravi, adesso è ricoverato nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Monopoli. In un primo momento era stato trasportato a Molfetta, ma la Tac era fuori uso e così è stato necessario dirigersi a Terlizzi. I medici hanno eseguito l’esame e disposto il trasferimento in una struttura con un reparto di rianimazione, hanno pensato di portarlo all’ospedale Di Venere di Bari, ma non c’era posto. E così è stato condotto a Monopoli, circa ottanta chilometri da Molfetta.

Intanto gli altri operai della Truck center osservano la cisterna color verde militare. «Prima di scendere - spiega uno di loro - procediamo alla bonifica: forse là sono rimasti residui di zolfo e il contatto con l’acqua ha provocato una reazione chimica».

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