Stefano Zurlo
da Milano
Intercettazioni sui telefoni degli ultrà. Controlli a sorpresa. Interrogatori. Ma nemmeno una contestazione da muovere allInter: la società non ha rapporti di connivenza con le frange più violente della tifoseria e queste non sono in alcun modo in grado di condizionare la squadra.
Altro che ricatto, il Meazza è uno dei luoghi più sicuri per il calcio italiano. Il Pm Fabio Roia lo aveva già anticipato al Giornale (il 15 agosto), ma ora lo scrive in otto pagine, spedite al gip per archiviare il caso. Certo, il 12 aprile, in occasione del derby di Champions League, lo stadio si trasformò in un campo di battaglia, ma il magistrato ritiene che lepisodio sia stato un caso. «E a conferma dellassunto - nota il Pm - valgono in maniera decisiva le conversazioni telefoniche, intercettate fra gli esponenti della curva interista i quali... affermano addirittura che se il gesto fosse stato preordinato non avrebbe avuto la stessa riuscita e sottolineano le difficoltà incontrate nel placare gli animi». La sera del 12 aprile fu insomma un momento di follia collettiva. Perfino un teste insospettabile, il leader delle Brigate rossonere Carlo Capelli, lo conferma dal versante milanista: «Posso dire che la protesta del 12 aprile non è stata premeditata. Se così fosse stato avrei sentito qualcosa e sarei intervenuto su Franco Caravita (capo storico della tifoseria nerazzurra, ndr) per tentare di evitare che si verificassero fatti del genere».
In realtà lInter non è mai stata ostaggio di gruppi violenti come ipotizzavano i giornali: anzi le solite intercettazioni rivelano che gli ultrà erano furiosi per gli articoli e volevano addirittura affidare a Caravita una smentita ufficiale. «Gli unici benefici concessi - prosegue Roia - riguardano la corresponsione di 50 biglietti omaggio consegnati a Caravita». Tutto qua. Massimo Moratti e i più alti dirigenti dellInter non hanno mai avuto rapporti con la curva. Altrove non si è registrato lo stesso rigore.
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