Saman ha un dono di natura: padroneggia la matita come Messì fa con il pallone. Ha 21 anni e non ha mai seguito nessuna accademia. Eppure fa dei ritratti meravigliosi, sotto la guida del suo maestro che si chiama Muammahr e ogni giorno gli rifornisce carta, carboncino e - eccezionalmente - qualche colore a tempera. Fino al mese scorso Saman si guadagnava da vivere facendo i quadri per i turisti in cambio di una manciata di dinari la metà dei quali Saman passava a Muammahr (per l'affitto del «materiale artistico»). Poi è scoppiata la guerra e, con i turisti in fuga, Saman è rimasto al verde, lo stesso colore della copertina del Libro Verde di Moaammar El Gheddafi. Ma ora, con il paese messo a ferro e fuoco dal conflitto armato, è proprio l'effigie del Colonnello a rappresentare l'unica fonte di guadagno per Saman. Il suo maestro, Muammahr, riesce infatti a piazzare ogni giorno una decina di opere del suo allievo sia ai fedelissimi del rais, sia agli insorti in rivolta contro il dittatore: i primi acquistano i ritratti di Gheddafi per portarli in trionfo durante i cortei di sostegno al regime; i secondi li comprano per poi incendiarli, sputargli sopra e prenderli a scarpate nel corso dei moti di piazza.
Di giovani «dalla mano talentuosa» il professor Xante Battaglia, docente di pittura all'Accademia di Brera, ne ha conosciuti tanti in occasione delle sue numerose mostre in terra libica e tunisina: «In quei paesi non esistono veri e propri istituti d'arte - spiega al Giornale Battaglia -, ma i vicoli dei suk sono pieni di mini atelier dove tanti ragazzi si improvvisano artisti, spesso anche con buoni risultati qualitativi». I ritratti che ora, tra le vie di Tripoli e Bengasi, vanno per la maggiore sono quelli col viso di Gheddafi incorniciato dagli inseparabili occhiali da sole e che, sullo sfondo, immortalano la scultura di una grande mano che stritola nel pugno un caccia americano.
«Da un punto di vista estetico - spiega Battaglia - sono quadri perfettamente in linea con lo stile tipico dei regimi dittatoriali dove l'unico soggetto è il tiranno che è a capo del paese». Del resto, basta fare un giro nelle capitali di quelle nazioni poco avvezze alla democrazia per imbattersi in una serie infinita di cartelloni con su impresso il faccione del satrapo locale.
Battaglia, proprio per denunciare questo fenomeno, ha dato il via alla prima web-mostra che raccoglie in rete tutte le sue opere con al centro il rapporto tra arte e regimi dittatoriali. Ovviamente una parte rilevante della «galleria» sarà dedicata proprio al raìs libico con una serie di lavori che «demistificano» il volto (ma anche l'anima) del colonnello. E così vedremo il ritratto di Gheddafi squarciato da un taglio alla Fontana oppure oltraggiato da una scarpa (la peggior offesa per un musulmano).
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